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NELLA commedia di Terenzio Heautontimorumenos (“Il punitore di se “stesso”), il vecchio Menedemo ha ostacolato l’amore del figlio per una fanciulla priva di mezzi, ma adesso, pentito, punisce se stesso costringendosi a lavorare il proprio campo dalla mattina presto alla sera tardi. Il suo vicino Cremale vorrebbe sapere il perché di tanto accanimento, consigliarlo, aiutarlo: perché non si confida con lui? Menedemo lo liquida seccamente: «Hai così poco da pensare alle cose tue, da doverti occupare dei fatti degli altri e di quello che non ti riguarda?». Il vecchio scontroso respinge il dialogo: praticamente accusa l’altro di essere indiscreto. A questo punto, però, Cremene replica con una battuta destinata a diventare famosa: «Homo sum: umano nil a me alienum puto (Sono uomo e di quello che è umano nulla io trovo che non mi riguardi)». E’ l’elogio dell’indiscrezione. L’humanitas nasce in realtà come invito alla comunicazione, al superamento delle barriere della discrezione. L’abbattimento della trincea tra noi e gli altri reclama indiscrezione. Quanti padri ormai rinunciano a dialogare con i propri figli, perché non vogliono essere indiscreti?Quanti figli si chiudono a riccio, perché quando appare la tensione, il loro papà non possiede l’umiltà necessaria per non imporre la sua verità, contrastando quella del figlio?
Quanti papà e quanti figli sanno tacere al momento opportuno e aspettare che l’altro abbia completato il proprio pensiero? Nessun essere umano è in grado di possedere l’intera verità assoluta. Tutti cercano onestamente la verità. Per questo è saggio e generoso chi accoglie senza pregiudizi e con benevolenza le opinioni degli altri. Nessuno di noi è un genitore perfetto e ha commesso sicuramente degli errori.
Quanti di noi in alcuni momenti non hanno creduto e non credono nelle capacità dei propri figli, manifestando il nostro disappunto con lo sguardo deluso, con il tono della voce depresso e con il silenzio rassegnato? Perché non proviamo a essere Pigmalioni e a dare vita al contatto con nostro figlio, comunicandogli con l’espressione del viso che è bello che tu esisti, anche se fai qualcosa male. Sforziamoci di capire, come dice Crepet, quella invisibile linea di demarcazione che esiste tra il dolore/frustrazione, che irrobustisce nostro figlio quando effettua dei tentativi, e lo sconforto e la pugnalata al cuore che annulla in un attimo ogni positiva e faticosa crescita.
E’ questa sottile linea di demarcazione che la sensibilità di un padre deve cogliere per insegnare ad attraversare il dolore prevenendo l’evento autolesivo. Un figlio che arriva a percepire questa sensibilità nel proprio padre crescerà più sicuro, perché riconosce da chi è nato e a chi poter fare affidamento. Cari papà, oggi è la nostra festa e speriamo di ricevere tutti in questo giorno una parola, uno sguardo o un bacio affettuoso da parte dei nostri figli. Credo che, se non ci comportiamo come Menedemo e perdoniamo, quindi, prima noi stessi, quando sbagliamo e, poi, i nostri figli, quando commettono gli inevitabili errori per crescere, anche noi papà abbiamo diritto alla misericordia e ad una festa, perché il compito di educare è molto difficile e come dice un proverbio cinese, «Nessuna famiglia può appendere il cartello “Qui non ci sono problemi”».
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