4 minuti per la lettura
SIAMO alla vigilia di un passaggio critico nel rapporto sulla governabilità della Basilicata tra il maggior partito, il Pd, e il presidente scelto attraverso primarie e poi eletto attraverso il voto, Marcello Pittella. La criticità consiste, a mio avviso, nella verifica di un assunto ritenuto indispensabile da parte di alcuni democratici, quelli di formazione comunista, per intenderci. Il presidente, sostengono, non avendo un adeguato supportopolitico, agendo in buona sostanza sul modello di un “presidenzialismo preterintenzionale” per usare un’efficace sintesi spesso usata da Ilvo Diamanti, corre il rischio di trovarsi prima o poi davanti al muro dell’isolamento consiliare. Al nuovo segretario regionale dovrebbe essere affidato il compito di provare la tecnica dei vasi comunicanti: il partito dovrebbe essere chiamato a sostenere le scelte del presidente, il presidente dovrebbe “cedere” una parte del suo leaderismo (anche i quattro assessori esterni ne sono un’espressione) per arrivare a un equilibrio come mediazione necessaria per raggiungere gli obiettivi di governo.
E’ verosimile che questo possa accadere? Ma, soprattutto, è necessario? Ed è immaginabile vista la radicalità di cambiamento comportamentale che ha introdotto Pittella?
Il centrosinistra che ha radice nei partiti di massa è, per sua natura, refrattario al personalismo. Per stare alla Basilicata Pittella ripete spesso di non essere un monarca ma di cercare condivisione. Nei fatti, con la doppia legittimazione popolare accumulata, agisce da solo, facendone una risorsa politica. Esattamente come Renzi. Buona parte del partito non gli perdona la scelta degli assessori esterni, ancora attende le motivazioni della scelta, parte dal principio della corresponsabilità intesa a mio avviso in maniera troppo utilitaristica: e cioè la responsabilità per investitura. In pratica: io, presidente, ti attribuisco una funzione e tu, in quanto investito da questa funzione, sei perciò stesso responsabile e, dunque, mi supporti.
Questo schema di rapporto tra partito e governo ha un limite: non tiene conto della “democrazia del pubblico” che sta soppiantando la forma classica della democrazia rappresentativa. Pittella, saltando la mediazione di tutti (media, partito), ha disintermediato il rapporto con i cittadini, sfruttado la sfiducia di questi verso la politica, per superare le trappole del suo stesso partito. Non so in quale misura in maniera strategica, nei fatti, osservandolo, agisce così, secondo una contemporaneità comunicativa dalla quale, credo, non prescinderà più per tutta la durata del suo mandato. Il Pd aspetta che faccia errori (anzi già gli contesta numerosi errori, tutti riconducibili alla mancanza di corresponsabilità), lui teme di farne.
In realtà quell’equilibrio compensativo tra le varie anime del Pd al quale eravamo stati abituati nei due mandati di De Filippo troppo spesso si erano rivelati inabilitanti rispetto alla velocità di una decisione. Sin dall’inizio del suo mandato è stato chiaro che Pittella (sfruttando il dato che la Rete è accessibile e sempre più frequentata) ha tentato di sovvertire la sfiducia nei partiti trasformandola in fiducia personale. Le resistenze sul suo cammino sono moltissime. La vera debolezza della sua azione, più nella mancata corresponsabilità, è – al contrario – proprio nell’incertezza di un leaderismo compiuto rispetto ad alcune scelte che sembrano evidentemente dettate da un’impronta personalistica che è sinonimo di compensazione elettoralistica (vedi le nomine, il sostegno a Braia sulla segreteria regionale). Bisognerà vedere se arriverà al fatale compromesso, come ha fatto Renzi sulle nomine dei sottosegretari, ad esempio. Una cosa, però il Pd e il futuro segretario devono imparare ad accettare: la responsabilità sulle emergenze eccezionali e strutturali passa sicuramente attraverso il coinvolgimento di tutte le forze politiche, ma non basta più. C’è un contesto allargato di verifica del consenso che è praticamente quotidiano, che passa attraverso il rapporto diretto che il governatore ha con i cittadini. E’ una piazza permanente. A volte gli va bene, altre volte no, come è successo ieri pomeriggio. Ma se una decisione politica non può essere condizionata dal thread che apre una discussione digitale o da una contestazione di piazza, è altresì vero che qui Pittella radica la sua maggioranza occulta. Alla quale presenterà il conto di un eventuale ostruzionismo: io ho cercato di fare, dirà, sono loro che me l’hanno impedito.
Il nuovo segretario regionale del Pd è chiamato a un compito arduo per la Basilicata: uscire dal dissenso sottinteso. Partecipando né per induzione né per investitura, ma per proposizione attiva ed autoprodotta. L’unico modo per capovolgere il metodo Pittella dicendogli: noi pensiamo di fare così, è tu?
l.serino@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA