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SONO passati quattro anni da quel 17 marzo che ha segnato in maniera indelebile l’intera città di Potenza. Il 17 marzo del 2010 tutti seppero che Elisa Claps non si era allontanata volontariamente – come qualcuno aveva sostenuto – ma era morta lo stesso giorno della sua scomparsa. Ed era morta nell’ultimo posto in cui era stata vista: la chiesa della Trinità di Potenza, nel cui sottotetto quel giovane corpo è rimasto per diciassette anni.
La scoperta dei resti è stata la chiave di lettura perchè ha permesso, in base all’autopsia, di inchiodare alle sue responsabilità il principale sospettato, Danilo Restivo, condannato in primo e secondo grado a 30 anni di reclusione. Elisa Claps fu uccisa con tredici colpi di un’arma da taglio e punta, presumibilmente un coltellino, e fu colpita prevalentemente alle spalle mentre respingeva un assalto sessuale. Queste sono le conclusioni degli esami effettuati sui poveri resti.
Una delle prove della colpevolezza di Restivo è giunta dal maglione che la ragazza indossava quella mattina perchè sul capo è stata trovata una traccia di dna che senza alcun dubbio i Ris hanno attribuito a Restivo. Il rinvenimento dei resti si è intrecciato con altre vicende. Infatti l’omicidio di Elisa Claps, per modalità e analogie, è molto simile a quello di Heather Barnett, sarta inglese di Bournemouth (sud dell’Inghilterra), uccisa il 12 novembre del 2002. Era vicina di casa di Danilo Restivo. E poi, negli ultimi mesi, è emerso anche un collegamento con il suicidio della dirigente della Digos di Potenza, Anna Esposito. La donna è stata trovata morta all’età di 35 anni il 12 marzo 2001 in quello che fin dai primi istanti era sembrato un caso anomalo di suicidio.
Su tutte queste vicende proprio in questi giorni è uscito il libro, scritto da Federica Sciarelli e Gildo Claps, “Per Elisa, 18 anni di depistaggi, silenzi e omissioni”. Mentre oggi, alla trasmissione “I fatti vostri” su Rai Due, si parlerà della morte di Anna Esposito.
Secondo la mamma di Elisa, Filomena, ed il fratello Gildo, in particolare, il ritrovamento del 17 marzo è “una messinscena” perchè la scoperta era già stata fatta prima da due donne delle pulizie e di questo era a conoscenza il vice parroco che lo avrebbe comunicato anche ai vertici della Diocesi. Le due donne sono ancora sotto processo per false dichiarazioni al pm.
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