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È STATO rimandato al 24 marzo il tavolo tra governo regionale e parti sociali su lavoro e inclusione che si sarebbe dovuto tenere nei giorni scorsi. Il rinvio del confronto non ferma però il lavoro in casa Cisl su un pacchetto di proposte per il rilancio dell’occupazione, la lotta alla povertà e il sostegno ai non autosufficienti. Si tratta di tre fronti su cui si gioca il futuro della Basilicata e la sua capacità di essere più competitiva e allo stesso tempo più inclusiva. In Basilicata abbiamo 32 mila disoccupati, il 40 per cento dei quali sono persone che hanno perso il lavoro a causa della crisi. Altri 50 mila lucani vivono ai margini del mercato del lavoro. In tutto fanno più di 80 mila persone, tra attivi e inattivi, che è un dovere morale prima ancora che economico cercare di impiegare.

 La priorità è dunque creare nuove opportunità di impiego. Se il governo nazionale manterrà la promessa di abbassare le tasse sui redditi da lavoro dipendente  logica vuole che qui si agisca sul lato dell’offerta per rendere più conveniente assumere. Per questo pensiamo che sia necessario aumentare le risorse regionali per l’apprendistato, che tra l’altro il governo ha deciso di semplificare per decreto; non sprecare la finestra che si apre con il programma Garanzia Giovani; realizzare una misura di accompagnamento al lavoro ad hoc per i lavoratori in mobilità espulsi dai settori produttivi in declino.

 La proposta destinata a fare più rumore è però senza dubbio quella di abolire il bonus idrocarburi e destinare le relative risorse economiche al contrasto della povertà. La carta carburante è una misura regressiva perché dà gli stessi soldi a chi guadagna 15 mila euro all’anno e a chi ne guadagna 150 mila. Dove sta l’equità? Noi crediamo che sia meglio utilizzare queste risorse per dare un reddito o un’integrazione al reddito alle famiglie incapienti che non potranno beneficiare neanche del taglio fiscale annunciato dal governo. Archiviare il Copes, dunque? Non proprio, precisa Falotico, che pensa piuttosto a migliorare e rendere stabile il programma regionale di contrasto alle povertà, in linea con quanto messo nero su bianco da Cgil Cisl Uil nel piano per il lavoro. La rimodulazione che abbiamo chiesto del Copes deve essere l’occasione per integrare due bisogni diversi: il bisogno di sostegno economico e di inclusione lavorativa dei poveri e il bisogno di cura e assistenza dei non autosufficienti. Noi crediamo che chi riceve dalla comunità un sostegno debba restituire una parte di questa solidarietà sotto forma di lavoro nel privato sociale, una sorta di servizio civile regionale che avrebbe un duplice effetto: da un lato consentirebbe di ampliare la rete dell’assistenza domiciliare e dall’altro permetterebbe a qualche migliaio di persone di mantenersi in attività ed esplorare nuove opportunità di lavoro. Del resto il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento dei bisogni di cura nei prossimi anni farà lievitare la domanda di operatori specializzati nel settore sociale, con effetti benefici anche sulle donne che, sgravate dagli eccessi carichi familiari di cura, potranno rientrare nel mercato del lavoro. Quello proposto dalla Cisl è un vero e proprio “patto contro l’esclusione”. Se sommiamo alle risorse impegnate per il Copes i 35 milioni di euro del bonus carburante, saremo in grado di attivare interventi a favore di almeno 15 mila nuclei familiari deboli, con ricadute positive tre volte superiori ai fondi investiti. I soldi ci sono, la sfida è saperli utilizzare in maniera più razionale di quanto non sia stato fatto finora con interventi frammentari e discontinui. Tanta sostanza dovrà però essere supportata da un metodo di governo aperto al contributo dei grandi soggetti sociali. La concertazione è utile perché migliora le decisioni politiche. Renzi sbaglia a considerarla una perdita di tempo o un atto non dovuto. Senza il contributo del sindacato l’Italia sarebbe andata a catafascio già nei primi anni ’90. Falotico invita a guardare la storia. Solo chi ha la memoria corta può pensare che la concertazione non serve a niente. Benché onestamente dobbiamo dire che non ci piace il metodo, ma i provvedimenti del Presidente Renzi, se stiamo al merito e sopratutto se saranno realizzati, colgono il merito delle nostre proposte, anche se ancora non danno risposte per i pensionati, che restano uno dei grandi temi aperti. Se la Cisl rivendica la concertazione come metodo di governo è perché la storia ci insegna che tutti quelli che hanno scelto di fare da sé o non hanno fatto niente o hanno combinato macelli. Tanto per essere chiari se Monti avesse optato per la concertazione, non ci sarebbero stati né gli esodati né il taglio alla rivalutazione delle pensioni e probabilmente saremmo riusciti a salvare il paese distribuendo gli oneri del risanamento necessario con un po’ più di equità sociale. La grande recessione in cui si è impantanato il paese è anche l’esito di certe politiche fai-da-te che alla fine hanno prodotto poco risanamento e molto disagio sociale. Mi conforta il fatto che Pittella abbia scelto di battere una strada diversa e di insistere sulla via della concertazione con le parti sociali, così come annunciato in campagna elettorale. Il tavolo su lavoro e inclusione sociale che si terrà tra un decina di giorni sarà il banco di prova per misurare lo scarto tra intenzioni e realtà. Le premesse sono buone,  ma i governi vanno giudicati sempre sui risultati e sullo scostamento tra questi e gli obiettivi, e su questo saremo rigorosissimi.

*segretario regionale Cisl – Basilicata

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