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CARO Direttore,
ritengo necessario promuovere qualche riflessione in materia di violazione del segreto istruttorio nel corso delle indagini penali prendendo spunto dall’attualità e, in particolare, dall’ultima e, in particolare, dall’ultima inchiesta della questura e della magistratura potentina su alcuni casi di corruzione e turbativa d’asta.
Dico subito che sono convinto che la nostra Procura della Repubblica, al pari delle altre procure nazionali, a tutela del segreto investigativo possa e debba fare di più.
Altrettanto mi sento di dire a proposito del ruolo della stampa, soprattutto se si considera che la pubblicazione di atti riservati è reato.
Alla base vi è una questione culturale, anzitutto.
Un conto è pubblicare notizie attinenti le attività investigative ed informare il pubblico su questioni di interesse generale: questo è legittimo ed è imprescindibile in una società democratica.
Altra cosa è dare conto di fatti e di colloqui intercettati, spesso in modo parziale ed estrapolati fuori contesto, che sono e debbono rimanere riservati, soprattutto quando non vengono neppure considerati di gravità indiziaria dalla magistratura procedente e diventano più che altro utili a stuzzicare la curiosità pruriginosa della provincia.
Sembrano temi scontati ma non è così.
Dietro gli eventi di un’indagine penale, in particolare nei casi in cui vengono applicate misure coercitive, si celano sensibilità aggredite, reputazioni minacciate, sofferenze e traumi familiari.
Una società civile che riconosce tra i suoi principi la presunzione di non colpevolizzare e l’intangibilità della sfera privata del cittadino, non deve prescindere dal rispetto di tali valori, oltre che di quelli di verità e giustizia cui l’indagine penale dovrebbe tendere.
Ecco perché, in questo contesto, entra in gioco il ruolo non solo della stampa ma, ancor prima, dei magistrati inquirenti.
Il pubblico ministero è organo di tutela anche dei diritti dell’indagato perché non è solo promotore dell’accusa, è al contempo soggetto titolare di giurisdizione.
E’ per questa ragione che continuo a nutrire una forte aspettativa circa la capacità dell’organo di accusa di esercitare uno stretto controllo sulla gestione delle notizie riservate- onde evitarne apposite fughe-soprattuto di quelle più invasive per la dignità delle persone coinvolte, per quelle destinatarie di misure cautelari e ancor più per i non indagati malcapitati tra le carte processuali.
Il rispetto del segreto istruttorio è, lo ribadisco, anzitutto una questione culturale: raggiungere tale obiettivo rappresenta una piccola “rivoluzione copernicana” che non nuocerebbe allo sviluppo delle indagini né al diritto/dovere del giornalista di informare l’opinione pubblica, osservando i canoni di civiltà giuridica innanzi richiamati.
Oggi nel nostro paese si dibatte su tutto ma non più di tanto su questo argomento che, invece, merita di essere recuperato dal dimenticatoio delle coscienze.
Noi abbiamo cercato di farlo.
Sarebbe auspicabile un’attenzione continua su un tema di tale importanza, in una società civile si cresce anche così.
*Avvocato Camera penale di Basilicata
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