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La gallina altrimenti detta la grande bellezza. Se Arisa dichiara in TV che in Basilicata tutti abbiamo una gallina, sono costretta, subito, a comperarne una; se mai costruisco un piccolo pollaio sulla terrazza e spero che partorisca un uovo fresco da poter bere o cucinare e poi, vantarmene dichiarando che sono uova del mio paniere.La semplicità e l’intelligenza di Arisa mi spingono a ben capire che può permettersi di apparire svampita e naturale: può diventare ambasciatrice di grande qualità  per questa regione. Nelle sue dichiarazioni esce fuori un messaggio di profonda conoscenza dell’arte della comunicazione basata sul concetto “sono semplice e genuina come la mia terra”, una bella promozione che incarna in maniera precisa cosa sia la Basilicata, quella vera e senza sofisticazioni. “A mio padre volevano dare la casa al Serpentone, dopo il terremoto, ma lui è voluto rimanere nei campi, libero per coltivare la terra e far giocare noi bambini”. Questa dichiarazione così genuina potrebbe diventare uno strumento giusto per far percepire “ai forestieri” come siamo. Incuriosirli perché tutti abbiamo una gallina, un bello spot che potrebbe esplicarsi con “In Basilicata tutti abbiamo una gallina”

Perché in quella dichiarazione c’è tutto: il disagio dopo il terribile evento sismico del 1980, un padre di famiglia senza casa, la ricostruzione e il quartiere-ghetto, l’intelligenza di un lucano a scegliere una casa in mezzo alla natura e non un quartiere di periferia simbolo di decadenza morale e non solo urbana, l’ottimismo di un padre a cui piace il contatto con la terra e che vuole che i figli crescano nella natura.

Un’idea vincente che spiega come i capaci non devono avere la fortuna di vivere in grandi centri urbani per emergere: basta la capacità, il saper credere fortemente in questa capacità, la tenacia e la pazienza. E un sogno: diventare come Caterina Caselli che raccoglie e produce tanti giovani dalle belle speranze.Arisa mi piace per tutti questi motivi e non giudico la voce e le canzoni poiché non sono esperta di questo, anche se trovo la sua voce di grande espressività e le note delle sue canzoni melodiose.

E non solo perché va di moda, ma, per me, questo è un esempio di grande bellezza e cioè la capacità di raccontare e raccontarsi con armonia senza veli precostruiti, senza paura di pregiudizi e critiche, “una sempliciotta” direbbero, invece, quelli che non conoscendo la semplicità, si incartano con questa espressione, nel peggiore dei pregiudizi: credersi “non sempliciotti” e cioè sofisticati e la sofisticazione ha ben poco da spartire con la bellezza. Sofisticazione che viene confusa, per costoro, con la raffinatezza che, invece, è ben altro concetto.

Ho ascoltato in TV, le dichiarazioni di Carlo Verdone sul film italiano che ha vinto l’Oscar “bisogna capire, una volta per tutte, che la cultura è l’unica cosa che può salvare l’Italia”.

Lo diciamo in tanti e da tempo perché lavorare per il nostro Patrimonio Culturale che è costituito dai beni tangibili e intangibili e, più giustamente, sui nostri paesaggi culturali significa offrire possibilità variegate e molteplici di lavoro. Per curare questo patrimonio – patrimonio è una parola che indica una ricchezza che appartiene a tutti –, servono professionalità di ogni tipo e genere, ben preparate e capaci di confrontarsi con altre professionalità con progetti mirati, multidisciplinari, interdisciplinari ed extradisciplinari.

Significa non confondere un progetto culturale con un progetto turistico: sono due cose assolutamente diverse.

Significava quel mio appello, quel mio urlo disperato e incompreso verso il precedente e l’attuale Presidente della Regione, di far nascere un assessorato ai Paesaggi Culturali all’interno del quale si sarebbe valorizzata la grande bellezza di questa terra.

O del Sud in particolare come dimostra Arisa che è lucana e Sorrentino che è campano.

La grande bellezza risiede in queste contrade ma a noi interessa poco: crollano e sono in pericolo tante opere d’arte in tutto il meridione e Pompei ne è diventata il simbolo, il simbolo di una classe politica che non ha gli strumenti culturali e tecnici per affrontare tale disastro. E della maggior parte degli italiani che considerano un Ministero o un assessorato alle politiche culturali, di livello secondario rispetto a quelli più importanti come quello all’economia o agli Interni.

La grande sciatteria, ecco il titolo giusto mentre il resto del mondo ci premia per ciò che sono stati i nostri avi che noi disprezziamo e non conosciamo: i pochi capaci e intelligenti puntano da sempre su questo e sono i degni eredi di Giotto, Michelangelo, Dante, Verdi o del sarto Valentino. Mentre i più disquisiscono sul noto paradosso “è nato prima l’uovo o la gallina?”, cerco di rilassarmi con quel ritmo che è di gran moda in questo periodo:

Liebe, liebe, liebelei

È un disastro se te ne vai

Scoppia, scoppia, mi sco

Scoppia, scoppia, mi scoppia il cuor (Raffaella Carrà)

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