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POTENZA – Dopo le parentesi hardcore dei viaggi organizzati dall’imprenditore Bartolo Santoro, squillo a domicilio anche nel secondo filone dell’indagine su appalti e mazzette, che dai comuni di Avigliano, Potenza, Pietragalla e Brienza punta dritto verso la Regione.
Continua ad allargarsi lo scenario aperto dall’inchiesta “Vento del Sud”, venuta alla ribalta venerdi’ scorso con gli arresti di Santoro, del capo dell’ufficio tecnico di Avigliano Rocco Fiore, e del dirigente dell’Ufficio ambiente del capoluogo.
Gli agenti della Squadra mobile del capoluogo avrebbero già raccolto informazioni dettagliate su un presunto giro di squillo utilizzate per compiacere il politico di turno. La scoperta risalirebbe a qualche mese fa quando sono finiti nel mirino gli affari della ditta di Leonardo Mecca, un imprenditore 57enne di Potenza.
Mecca risulta indagato nel filone principale dell’inchiesta per turbativa d’asta, a proposito di un appalto da 23mila euro del Comune di Potenza, con un funzionario ancora da identificare (all’inizio gli investigatori erano convinti che si trattasse di Pino Brindisi, ma il riascolto dei nastri delle intercettazioni li ha costretti a rimettersi al lavoro).
Ma risulta indagato anche nel secondo filone assieme a un funzionario della Regione, Dionigi Pastore, un assessore del Comune di Potenza, Luciano De Rosa, e di nuovo Rocco Fiore.
Al centro dei sospetti degli investigatori c’è la gara milionaria per la manutenzione degli impianti termici dei palazzi di via Verrastro, aggiudicata a Mecca settembre del 2012 alla ditta di Mecca. Con un’offerta da un milione e 90mila euro in tre anni (la base d’asta era di 3milioni e 200mila euro in 5 anni) la sua ditta è riuscita a superare chi gestiva l’appalto da sempre. Un gruppo, quello dei De Vivo, che gli impianti termici dei palazzi della Regione in parte li aveva pure costruiti, e ancora oggi fattura enne volte rispetto al suo concorrente. A parlare per primi degli “agganci” di Mecca erano stati due suoi “colleghi”.
Da venerdì mattina Bartolo Santoro è agli arresti domiciliari, mentre Donato Colangelo ha l’obbligo di presentarsi in Questura.
Tutti assieme avrebbero fatto parte di uno dei “cartelli oscuri” presi di mira dagli inquirenti. “Cordate” di imprenditori che grazie ad alcuni funzionari compiacenti sarebbero riusciti a determinare gli inviti alla gare bandite da varie amministrazioni.
Poi concordavano le offerte al minimo ribasso per spartirsi la differenza, anche col sistema dei subappalti. Stando a quanto emerge dall’inchiesta condotta dal pm Francesco Basentini il meccanismo sarebbe stato collaudato, ma non proprio perfetto. Infatti è a causa di un “accordo” saltato su un lavoro a Policoro che le microspie piazzate dagli agenti della mobile di Potenza il 16 ottobre del 2012 hanno registrato lo sfogo di Santoro con Donato Colangelo. Bersaglio dell’invettiva Leonardo Mecca, “colpevole” di essersi dimenticato di lui, come di un altro imprenditore di Forenza, stufo di attendere «il suo turno» e di sentire giustificazioni come «non ti preoccupare che prima o poi te lo faccio prendere pure a te».
Subito dopo nei nastri con le registrazioni delle microspie c’è il riferimento alla Regione e al fatto che all’impresa Mecca «ogni 15 giorni» venivano affidati lavori per «35-40mila euro».
Un caso? Non certo per Santoro che subito dopo cita l’appalto della manutenzione degli impianti termici conquistato grazie alle «complicità» all’interno degli uffici di via Verrastro. Complicità acquisite grazie ai servizi di qualche “squillo” da inviare a domicilio all’amministratore di turno?
Questo è il sospetto di qualcuno tra gli investigatori. Tocca forse soltanto stabilire se davvero il “consumatore finale” di turno ne fosse consapevole o meno.
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