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POTENZA – Sono passati pochissimi giorni dalla firma dell’accordo di reindustrializzazione della ex Lucana Calzature di Maratea, pochi giorni e già due giorni fa la Cisl, discutendone con gli ex lavoratori ormai in mobilità, ha avanzato la proposta di aumento delle assunzioni all’interno di quella che dovrà essere la nuova vita del polo. Perché in sostanza l’accordo, vinto dalla società spa Alta Sartoria Italiana, che fa capo a Carmelo Salvatore Scionti, dovrebbe trasformare quello che rimane della Lucana Calzature in un polo di eccellenza per quanto riguarda la sartoria. E per sartoria si intende di tutto: dalle scarpe agli abiti. Perché il progetto di Scionti, fondatore anche della Associazione nazionale maestri dell’alta sartoria italiana, che coinvolge anche il grandi maestri siciliani, è piuttosto ambizioso.
Ridurre al minimo le macchine e lasciare che sia la mano dell’uomo a cucire, controllare e mettere a punto gli abiti. Lavori di sartoria “vecchio stile”, dal target altissimo, visto che il signor Scionti, che attualmente ha sede a Roma nonostante le origini catanesi, punta al jet-set che conta. E pare che la stampa nazionale specializzata si sia già accorta di lui e del suo stile. Dunque a Maratea quel sito produttivo dovrebbe diventare un luogo dove si confezionano abiti di classe, sotto uno specifico marchio che è “Css”, nient’altro che l’acronimo di Carmelo Salvatore Scionti.
Dunque adesso c’è da far partire l’investimento. Un acquisto non di poco conto: ben dodici milioni e 153mila euro. Con un contributo massimo concesso dal pubblico di 6milioni e 76mila euro. Il resto sarà tutto in mano alla stessa spa. Stando a quanto dice l’accordo l’unico obbligo che avrà la società è di assumere una parte dei lavoratori della ex lucana calzature. Il progetto prevede 163 dipendenti, 60 di questi dovranno essere ex operai della Lucana Calzature. Operai che a questo punto dovranno essere formati a cucire e sistemare abiti. Ora, i tempi sono strettissimi. Ci sono 18 mesi di tempo per mettere a punto tutto e chiudere l’investimento, ma ancora manza la sottoscrizione del contratto di reindustrializzazione. Non è, quindi, un processo automatico, ma dovrà essere concordato ancora un ultimo passaggio. Ma cosa dice il piano di reindustrializzazione vinto da Alta sartoria italiana spa? Bisogneràà realizzare due cicli produttivi divisi in cinque reparti. Da una parte ci saranno gli operai addetti alla cucitura a mano di abiti di sartoria, dall’altra inceve la produzione meccanica di abiti Prêt-à-porter, pronti da indossare quindi e con taglie standardizzate. Questo significa che i cicli produttivi non saranno solo rivolti al lusso, ma anche alla produzione più a buon mercato. Entrambe le linee avranno come marchio proprio “Css”. Nei cinque reparti si produrrà di tutto, tant’è che si prevedono reparti per confezioni uomo donna, camiceria, cravatteria, calzoleria e accessori. Dunque adesso sono scattati i fatidici sessanta giorni entro i quali l’azienda dovrà presentare la documentazione prevista al dipartimento politiche di Sviluppo, Lavoro, Formazione e Ricerca. Da quel momento in poi Scionti e la sua spa potranno acquisire il sito della Lucana Calzature. Ma i sindacati già nell’accordo hanno dimostrato un po’ di contrarietà, chiedendo soprattutto la selezione di tutte «le unità operative lavorative già occupate nella precedente attività e fruitrici di ammortizzatori sociali».
ma la questione potrebbe già arenarsi di fronte alle richieste di sindacati ed amministrazione: d’altro canto il giorno dopo la firma dell’accordo il sindaco di Maratea Mario Di Trani ha chiesto che vengano tenuti in considerazione, nella fase di selezione, assieme ai lavoratori fruitori di ammortizzatori sociali, anche i 19 lavoratori che, a seguito del fallimento della Lucana Calzature ed il tentativo di reindustrializzazione fatto nel 2007, uscirono volontariamente dalla platea per agevolarne il percorso delineato». Ora però la parola passa a Scionti e alla sua azienda, che però non ha mai nascosto i suoi sogni di espansione. Si potrebbe pensare, se tutto questo andrà a buon fine, ad un nuovo “distretto” lucano che, come quello del mobile, potrebbe ridare un po’ di linfa ad un tessuto socio economico completamente distrutto. Sarà la volta buona?
v. p.
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