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MELFI – E’ la grande operazione di rilancio dello stabilimento di Melfi che sta per avere inizio. La parte tecnica all’interno della fabbrica è ormai completata. Tutto pronto per la produzione del nuovo primo modello, il mini suv a marchio Jeep, che a partire da luglio sarà lanciato sui mercati internazionali. Ora tocca ai lavoratori. Da lunedì prossimo inizieranno la formazione per l’assemblamento della nuova auto, a cui, a fine anno, si aggiungerà la 500 X. E’ quanto hanno comunicato i vertici aziendali ai rappresentanti sindacali, nell’incontro che si è svolto lo scorso lunedì. Il lancio della Fca, la nuova Fiat che ha incorporato Chrysler, parte da proprio da qui, dallo stabilimento di Melfi che ha sempre rappresentato il fiore all’occhiello della casa torinese, e che ora si appresta a una sfida completamente nuova. Continuando a mantenere quel prestigio che ha sempre avuto per tutto il gruppo, anche ora che Fiat è un’azienda mondiale. Non è caso che da qualche settimana un gruppo di tecnici brasiliani sia in studio presso lo stabilimento di Melfi. In fase di preparazione per la produzione del mini Suv gemello che verrà avviata nei prossimi mesi nel Paese dell’America meridionale. Dopo anni di crisi, il cuore produttivo della Basilicata ritorna a battere. Chi è già stato all’interno dello stabilimento parla di alta innovazione sulle linee e elevata qualità dei prodotti. Ma non sono solo rose. A cominciare dagli effetti immediati della ristrutturazione.
Per consentire il piano di formazione, la Fiat ha comunicato – come hanno riferito Fim e Uilm – che sarà necessario sospendere provvisoriamente la produzione su un turno di lavoro sulla linea della Grande Punto: a partire dal 3 marzo, l’attività produttiva sarà garantita sul primo e terzo turno, senza cambiare l’assetto delle attuali 6 squadre ma modificando il ciclo di turnazione della cassa integrazione. E lo stesso percorso è previsto per il lancio produttivo del secondo modello, la 500X a marchio Fiat. Il che, però, inevitabilmente porterà un aumento della cassa integrazione.
Ma soprattutto, la paura più grande è che Sata si avvicini sempre più al modello Pomigliano; che il rilancio dello stabilimento passi inevitabilmente da nuovi sacrifici sulla pelle dei lavoratori. Lunedì i vertici aziendali lo hanno comunicato ufficialmente: da marzo in poi le produzioni all’interno dello stabilimento, anche quella della Grande Punto, seguiranno un nuovo metodo di organizzazione dal lavoro, denominato Ergo Uas. Il che ha come conseguenza immediata una riduzione della pausa da 40 a 30 minuti, così come è già avvenuto nello stabilimento campano. Per ora le sigle sindacali hanno chiesto una verifica sul nuovo metodo di organizzazione del lavoro, con una successiva valutazione. Di fatto, la riduzione delle pause è solo rinviata. E poi c’è un’altra questione: il timore che solo una parte dei lavoratori sarà interessata dalle nuove produzioni, che, anche se sommate, difficilmente riusciranno a ripetere gli stessi numeri della Grande Punto, che scomparirà dal mercato alla fine del 2014. Se così dovesse essere, si tratterebbe di capire come l’azienda riuscirebbe a gestire eventuali esuberi, sperando, appunto, che non si ripeta una seconda Pomigliano. La Uilm punta i piedi già da ora: «Melfi diventerà la piattaforma logistica industriale dei nuovi segmenti “B Suv”. Ma nello stesso momento – dice il segretario Tortorelli – bisogna sostituire la Grande Punto con un terzo modello, che sia compatibile con la tipologia dello stabilimento lucano». Il segretario regionale Uil, Vaccaro, rincara la dose: «E’ necessario che se parli subito. Non possiamo accontentarci del mini Suv e della 500X. Ed è la politica regionale che ora deve fare la sua parte». Insieme, Fim e Uilm, lunedì scorso hanno insistito anche sulla necessità di un cambio di metodo: nuove e più avanzate relazioni sindacali. In particolare la Fim che giudica “molto positivo” il percorso intrapreso di rilancio dello stabilimento, ha insistito sulla necessità di un rafforzamento delle relazioni sindacali «che deve passare attraverso un maggiore coinvolgimento dei lavoratori. Conferendo un ruolo più significativo alle commissioni di fabbrica, impegnandole non solo sulle problematiche produttive ma anche su quelle che riguardano le singole esigenze dei lavoratori».
m.labanca@luedi.it
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