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UNA cosa negli anni l’ho capita con certezza: il cosiddetto “senso materno” è un’invenzione, probabilmente maschile. Creata ad hoc per giustificare il fatto che a crescere i figli dovevano essere le donne, non gli uomini. Loro erano geneticamente pensati per l’esterno, per il lavoro.
Il “senso materno” non esiste. E anche se questa verità disturba molto, è la verità. Ci sono donne che vogliono figli già giovanissime, altre che no, davvero non ne vogliono sentir parlare. Catalogarci è guardare a noi donne in maniera un po’ restrittiva, siamo così varie.
A un certo punto della vita – questo è vero – una donna può avvertire l’esigenza di procreare. Ma è un altro discorso che ha a che fare, probabilmente, con lo spirito di sopravvivenza, con degli istinti che resistono in noi tutti nonostante l’avanzare della civiltà. Ma ci sono delle donne in cui questo evento non si manifesta e che i figli davvero non li vogliono. E questa – dal mio punto di vista – è una posizione che va rispettata.
Un figlio, ora come ora, è una scelta da fare con consapevolezza. E chi non vuole affrontare questo passo deve essere messo nelle condizioni di poter dire no. Mi hanno replicato: “Se non voleva figli ci stava attenta”, come se l’atto sessuale e la procreazione successiva fossero un atto individuale. La verità è che a volte stare attenti non basta. Succede perchè anche alle donne capita qualche volta di perdere il controllo e non stare attenta. Può capitare che si rompa il preservativo o che la pillola non funzioni. Succede anche questo, anche quando si cerca di stare attenti. E comunque questa non può essere una colpa da espiare: non sono stata attenta quindi mi merito questo figlio! Che razza di modo di imporre un figlio che, al contrario, dovrebbe essere un atto d’amore.
La storia ci insegna che quando le donne non vogliono un figlio fanno di tutto per bloccare l’evento: si rivolgono a gente senza scrupoli che approfitta della necessità chiedendo cifre notevoli; rischiano infezioni ed emorragie con metodi assai più insicuri. Ricordo racconti di operaie che si procuravano aborti con i ferri per fare la calza. Questo accadeva quando l’aborto era illegale e, in alcuni casi, capita ancora oggi. Perchè capita che in ospedale siano tutti obiettori e c’è un solo medico deputato, che opera un solo giorno alla settimana. E il rischio di non poterti sottoporre a un intervento in una struttura ospedaliera c’è sempre.
La cosa che più mi sorprende ogni volta che questo argomento torna di moda è che poi ad accanirsi contro l’aborto siano gli uomini. E tutte le volte mi arrabbio. Ma che ne sanno loro di quel che significa scegliere di diventare madre? Che ne sanno loro di cosa significa avere un corpo che cambia ogni giorno? Cosa ne sanno di cosa significa svegliarsi vomitando o degli sguardi dei colleghi che pensano che questa sia una scusa per non lavorare? Cosa ne sanno loro di maternità? Credete che stare accanto alle vostre mogli (quando questo accade) vi dia l’idea di cosa significhi? Io credo non dia il diritto di esprimere giudizi così netti. Io non lo farei con qualcosa che non conosco.
Io so di cosa parlo, invece, quando dico che è offensivo dire a una donna: ti dò un po’ di soldi se questa gravidanza la porti a termine. Io non sono semplicemente un vaso. Se una donna un figlio lo vuole, gentili consiglieri, al problema soldi pensa solo in un secondo momento. Non è una cosa un figlio, io non monetizzo qualcosa che desidero. Certo mi pongo il problema di come mantenerlo un figlio, visto che in questo Paese fa tanto comodo parlare di famiglia quando si fanno i comizi elettorali, ma poi non si attua nessuna scelta nella direzione del sostegno vero alla famiglia. Ma dire che lo spopolamento è causato dall’aborto è veramente fuggire dalle responsabilità di una politica irresponsabile anche con le parole. Perchè non è regalando qualche soldo che si risolve il problema spopolamento. E’ l’assenza di opportunità (soprattutto per le donne) il vero problema e l’impegno dovrebbe essere quello di generare speranza.
Certo, in una fase economica così difficile, capita in una famiglia che sia solo la donna di casa a lavorare: e davvero credete che per 250 euro al mese (fino ai 18 mesi del bambino) quell’unica fonte di reddito possa essere messa in discussione? Vogliamo monetizzare? Allora diciamoci che per i pannolini servono anche 200 euro al mese, altri 100 per il latte (quando non è di quelli speciali). Poi ci devi mettere i vestiti e il nido se vuoi continuare a lavorare. Solo il nido costa intorno ai 350/400 euro al mese. E man mano che crescono i bambini crescono anche le esigenze economiche, come dovreste sapere anche voi padri.
Ma ripeto: non è un argomento per il quale offrire soldi può essere la soluzione. E dispiace che a sottoscrivere quel documento ci siano anche persone che dovrebbero avere (questo in teoria) a cuore la dignità e il rispetto delle donne. Non le si rispetta facendo l’elemosina.
Piuttosto pensate, come ha scritto il direttore Lucia Serino nei giorni scorsi, a delle politiche vere per sostenere le famiglie. Pensate a rendere i nidi alla portata di tutti, mettete a disposizione – come è successo in Francia – delle persone a sostegno delle mamme per un anno. Pensate a creare dei servizi a disposizione di una donna che magari viene chiamata a lavoro all’ultimo momento e non sa dove lasciare i figli. Questo consentirebbe anche di creare nuova occupazione: pensate, due piccioni con una fava.
E voi uomini iniziate a guardare alla maternità come a un valore per l’intera collettività, perchè i nostri figli pagheranno anche le vostre pensioni. E smettetela di licenziare la mamma che vi chiede di uscire prima perchè il figlio ha la febbre. Iniziate a cambiare voi l’atteggiamento nei confronti della maternità e allora forse ci saranno meno aborti. E non perchè voi alzate la voce contro, ma perchè le donne avranno la possibilità di scegliere davvero se quella è o meno la scelta giusta. Ciò non toglie che il diritto a scegliere cosa fare della propria vita e del proprio corpo sia sacrosanto. Quello non si tocca: anche le donne devono avere il diritto di dire no. Anche quando non sono rappresentate.
a.giacummo@luedi.it
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