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Leggiamo la proposta di legge regionale “Misure di sostegno sociale alla Maternità e alla natalità” e non possiamo che sobbalzare.
Dopo anni nei quali assistiamo alla fuga dalla nostra regione di giovani donne e giovani uomini che vanno a creare le loro famiglie altrove non solo in Italia ma sempre più spesso all’estero, dopo svariate immagini di paesi abitati solo da over 60, dopo anni nei quali abbiamo sempre sostenuto che le culle sono vuote qui, come altrove, per la mancanza di asili nido, per l’inefficacia dei congedi parentali e di altri supporti sociali, scopriamo che la denatalità che colpisce anche la nostra regione è dovuta al fatto che le donne lucane si rivolgono in numero sempre più numeroso all’aborto come controllo delle nascite.
Il primo mistero è come questo possa accadere dal momento che la regione Basilicata ha il primato in Italia, questo si, e anche da svariati anni, per quanto riguarda l’obiezione di coscienza, ma questo non sembra preoccupare nessuno.
Quello che invece ha da sempre periodicamente preoccupato le nostre istituzioni, anche in passato, è dare un ruolo ai Centri di Aiuto alla Vita.
Abbiamo, purtroppo, buona memoria e ricordiamo tutte le battaglie fatte, anche qualche anno fa, da vari gruppi di donne, per allontanare le aderenti al Cav dal luogo fisico dove le donne, presso l’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, si rivolgevano per l’IVG.
Ricordiamo che fu chiesto di lasciare che le donne decidessero liberamente, solo con il sostegno degli operatori dei consultori pubblici, senza pressione di privati, se portare avanti o meno una gravidanza, decisione sempre difficile e mai presa a cuor leggero da nessuna donna.
È chiaro che in quadro di preoccupazione per la denatalità in questa proposta di legge non può trovare spazio una politica di educazione alla contraccezione, cosa che troviamo da sempre davvero assurda e penalizzante.
Così come non trova spazio il sostegno a quelle donne che devono rinunciare al lavoro (se l’hanno trovato) per seguire i figli o gli anziani per mancanza di uno stato sociale adeguato, o a quelle che per vari motivi si ritrovano da sole a dover mantenere i figli così come ad accudirli.
Speriamo che i nostri consiglieri regionali si rendano conto che questa proposta di legge ci riporta indietro anni luce a discussioni che pensavamo di non dover più affrontare, soprattutto senza essere state, come donne, consultate preventivamente, in un momento politico come questo che vede le donne per la seconda volta assenti dal nostro Consiglio Regionale, e non certo per colpa nostra.
Speriamo anche di poter trovare su questi temi sensibili una maggior collaborazione tra noi donne. Noi ci siamo.
*presidente Telefono Donna
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