CATANZARO – C’è un fascicolo parallelo e precedente a quello istruito dalla procura di Cosenza sulle spese “pazze” dell’Asp. Un fascicolo sul tavolo del procuratore distrettuale Vincenzo Lombardo e del suo sostituto Pierpaolo Bruni, che include la relazione del prefetto di Cosenza, datata 24 luglio 2013, relativa al lavoro della commissione d’accesso agli atti inviata all’Asp di Cosenza. Un fascicolo che va oltre i contenuti della suddetta relazione e che ben presto farà rumore. Nel 2012 un’informativa di polizia giudiziaria arrivava alla Dda di Catanzaro su circostanze verificatasi nell’ambito delle attività dei presidi ospedalieri di Paola e Cetraro. Un informativa pervenuta all’attenzione del pm Bruni, in quel periodo di fresca nomina alla Dda di Catanzaro. Un indagine che è andata avanti sottotraccia. Sotto la lente della procura antimafia catanzarese sono finiti politici regionali e professionisti coinvolti in trame poco chiare del servizio sanitario pubblico espletato sulla fascia del Tirreno cosentino. La relazione del prefetto di Cosenza è già da tempo negli uffici della Dda.
Gli ultimi fatti venuti alla luce grazie all’azione del pm di Cosenza Domenico Assumma, vanno ad integrare l’incarto indiziario e probatorio in via di definizione alla procura distrettuale. Secondo quanto è trapelato gli accertamenti svolti non riguarderebbero solo le “consulenze d’oro” attribuite dall’azienda sanitaria cosentina ad avvocati “vicini” al senatore Antonio Gentile, andrebbero aldilà delle conclusioni della commissione d’accesso. Sotto i riflettori della magistratura inquirente avrebbero un posto anche alcune cliniche private con convenzioni pubbliche. In parole povere, tanta altra carne a cuocere, in aggiunta ai profumati incassi dell’avvocato di Paola, Nicola Gaetano, in stretti rapporti con l’avvocato Andrea Gentile, figlio del parlamentare del Nuovo Centro Destra. Le verifiche della Dda di Catanzaro coprirebbero un arco temporale maggiore, spingendosi più nel passato e le carte porterebbero ad altri politici cosentini. A dette cliniche private nel rapporto del prefetto c’è solo qualche accenno. «Come si è visto, soprattutto nel campo della gestione del personale – si legge nella relazione – vi sono state forme di illegalità che hanno consentito l’assunzione e il permanere in servizio di soggetti non solo “vicini”, ma addirittura organici a clan malavitosi. Ulteriori episodi sintomatici quanto meno di una scarsa “attenzione” all’esigenza del rigoroso rispetto della legalità, sono quelli legati ai rapporti con alcune cliniche convenzionate».
Staremo a vedere, dunque cosa accadrà prossimamente su questo fronte.