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CATANZARO – L’annuale relazione della Direzione nazionale antimafia (Dna) sulla ‘ndrangheta più che svelare i nuovi orizzonti della criminalità organizzata tende a confermare quanto nel corso degli ultimi mesi è stato ormai acclarato dalle numerose inchieste su tutto il terreno nazionale. La ‘ndrangheta ha, infatti, ormai da tempo superato in radicamento, violenza, controllo del territorio e, soprattutto, capacità economica le altre organizzazione criminali tanto che la stessa Dna, guidata dal magistrato Franco Roberti, riconosce, contrariamente a quanto supposto in passato, che la ‘ndrangheta «ha una sua struttura tendenzialmente unitaria con una sorta di consiglio di amministrazione della holding criminale che elegge al vertice il suo “Presidente”».

Un’impostazione che malgrado «tante polemiche nelle più disparate sedi» ormai «viene affermata in sede giudiziaria in modo sostanzialmente incontrastato. Non esiste pronuncia, cautelare o di merito, che dovendosi confrontare con tale impostazione, la neghi». Per la Direzione nazionale «una compiuta valutazione del fenomeno» non poteva condurre a pensare che per l’immenso groviglio di interessi economici dell’organizzazione a livello planetario «ci si potesse affidare allo spontaneismo anarcoide di locali, cosche e ‘ndrine disseminate e slegate, come una sorta di piccole monadi auto-referenziali». Inoltre, «le indagini svolte dalla Dda di Reggio Calabria hanno evidenziato la perdurante posizione di primazia nel traffico internazionale di stupefacenti» con i correlati «imponenti flussi di guadagni in favore della criminalità organizzata calabrese che reinveste, specie nel settore immobiliare, i proventi». Inoltre, la Dna evidenzia la capacità delle ‘ndrine «di agire a livello nazionale ed internazionale» e «di mettere radici e consolidarsi in modo strutturato in realtà territoriali anche lontanissime, che, tuttavia che mantengono il cordone ombelicale con la casa madre».

Ma la struttura appare molto complessa, perché al fianco dell’organizzazione ramificata emergono «vere e proprie “locali” di ‘ndrangheta, oltre che in Italia (Lombardia, Piemonte e Liguria) anche all’estero in Svizzera, Germania, Canada e Australia, e cioè proprio nei Paesi e nei territori in cui, statisticamente, esistono consistenti comunità calabresi. Tuttavia non in tutti i territori che hanno conosciuto l’emigrazione calabrese la ‘ndrangheta si è strutturata secondo gli schemi che le sono propri e che hanno il suo archetipo in Calabria». 

L’ORGANIZZAZIONE IN LOMBARDIA. Sotto altro profilo appare stabile l’insediamento della ‘ndrangheta in Lombardia, organizzata in 15 ‘locali’ (organizzazione che opera su base territoriale, composta da almeno 50 affiliati) per complessivi 500 affiliati circa. In particolare in Lombardia «siamo a qualcosa di molto simile rispetto a quanto si riscontra in Calabria. I soggetti che hanno sviluppato le strutture in questione operano secondo tradizioni di ‘ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la ‘ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza». Qui «è avvenuta una vera e propria colonizzazione nel tessuto socio – politico – economico della regione», non si tratta «semplicemente di una articolazione periferica della struttura criminale calabrese sorta e radicata nel territorio d’origine (come in Emilia Romagna, ad esempio)» quanto piuttosto di «un’associazione dotata di una sua autonomia operativa, benchè fortemente collegata al Crimine reggino, che comunque, svolge un ruolo fondamentale in relazione alle scelte strategiche (compresi gli omicidi eccellenti e di rilievo) del sodalizio». Questa associazione, aggiunge, «è composta da soggetti ormai da almeno due generazioni presenti sul territorio lombardo, che commettono in Lombardia reati rientranti nel programma criminoso, che compiono delitti e atti intimidatori, il tutto nel contesto di un fenomeno criminale unitario». 

I RAPPORTI INTERNAZIONALI. «Le cosche calabresi, grazie alla presenza di qualificati broker in tutti i principali snodi del traffico della cocaina – aggiunge il testo – mantengono rapporti privilegiati con i principali gruppi fornitori in Sud America e con gli emissari di questi ultimi in Olanda, Spagna e Germania. Il dato viene dimostrato dal notevole numero di ‘ndranghetisti latitanti arrestati in Sud America e nei pressi delle più importanti città portuali europee, e, fra questi arresti, in particolare, spicca quello dei broker internazionali, come Roberto Pannunzi, recentemente arrestato in Colombia, Domenico Trimboli e Santo Scipione, localizzati nel Paese sudamericano dalle indagini ‘Overing’ ed ‘Edera’ ed arrestati dalla polizia locale. Si tratta di arresti che evidenziano plasticamente la peculiare funzione di collegamento assicurata in Sud America dalla ‘ndrangheta, coniugando la domanda con l’offerta di cocaina per conto delle cosche e sovrintendendo alle fasi più delicate delle importazioni: dall’imbarco nei porti sudamericani, allo sdoganamento in quelli europei (tedeschi, olandesi, belgi, francesi, spagnoli ed italiani), spesso attraverso quelli africani di transito». 

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