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POTENZA – Tornare a discutere del reddito di cittadinanza e farlo anche in tempi brevi. Perché quella che in effetti è stata soltanto una testa d’ariete utile a raccogliere voti soprattutto nei ceti più bassi durante le elezioni regionali adesso richiede una riflessione. Pittella prima ne fu convinto, poi ribadì che c’era bisogno di guardare alla disponibilità economica, infine, una volta trovato posto in Regione, la discussione attorno a quello che potrebbe essere uno strumento utile per fronteggiare la povertà e la disoccupazione si è arenata quasi istantaneamente. Tutto questo mentre il nuovo Premier Matteo Renzi annuncia una riforma al mese mentre il precedente, Enrico Letta, ha licenziato un provvedimento che di fatto riesuma la vecchia social card di tremontiana memoria e la mette in “sperimentazione” solo nelle grandi città. Praticamente l’idea faceva parte di quella che fu annunciata come una introduzione del reddito di cittadinanza, ma alla fine si è rivelata per quella che è: una carta acquisti licenziata dallo Stato. Eppure le forze politiche lucane hanno riaperto il discorso proprio in relazione a quanto detto nel rapporto di Union camere. Idv per esempio parla di provvedimenti a carattere sia nazionale che regionale, con proposte di legge utili ad introdurre il salario minimo garantito. Idv mentre a Renzi chiede di prendere in considerazione la manovra da 100 miliardi “sblocca lavoro” a Pittella, tramite il segretario Maria Luisa Cantisani, chiede una «corsia privilegiata alle proposte contenute nella sua relazione programmatica per il superamento del Programma Copes (Cittadinanza Solidale) con un pacchetto di misure che contenga una diversa e più efficace forma di reddito di cittadinanza».

Ovviamente bisognerà capire come reperire le risorse, tenendo presente che le più alte voci di spesa alimentano soprattutto l’inefficienza della pubblica amministrazione. Ora, Pittella da questo punto di vista ha dato già due segnali, andando a mettere mano soprattutto su Arbea e Arpab «Non è certo la sola via – dice Cantisani – non risolveremmo tutti i problemi ma sicuramente eviteremmo di avallare quella consueta pratica di succhiare i soldi ai cittadini già impoveriti. Si può dare l’esempio così di trasparenza e di rispetto verso chi davvero non ne può più di pagare sempre. E’ il nostro compito».

Pietro Simonetti è molto più diretto, e rilancia la questione reddito chiedendo a Pittella di inserire all’ordine del giorno la proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo, una proposta di legge che hanno firmato in 4mila in Basilicata. Tutto questo da discutere in parallelo con la questione del bilancio preventivo regionale. D’altronde le cifre parlano più che chiaro, sono «108 mila lavoratori lucani disoccupati o inoccupati. Occorre riprendere il discorso sul reddito minimo: non ci sono alternative nel medio e breve periodo per creare occupazione, difendere e alzare i redditi.

La spesa ipotizzata a livello nazionale per il reddito minimo e formazione delle varie proposte si attesta sui 20 miliardi annui con ricadute sul reddito minimo di 500/600 euro e di otto/nove euro all’ora per il salario minimo. Sulla base di questi paramenti in Basilicata la spesa può essere anche di 150/200 milioni all’anno che nella fase sperimentale potrebbe attestarsi sui 160 milioni con l’obbligo di formazione, di progetti di lavoro in attività come la manutenzione, il territorio, la raccolta differenziata, l’autoimpiego e il lavoro di cura, oltre a un piano di alfabetizzazione e formazione. La copertura a livello nazionale potrebbe essere assicurata con un preciso piano di riduzione della spesa e degli sprechi. A livello regionale, in attesa della approvazione della norma nazionale, può essere supportata rimodulando il bilancio regionale che, al momento, ha una potenziale posta finanziaria, residui compresi, di oltre 4,5 miliardi di euro.

Poi c’è la programmazione dei Fondi europei 2014/20, oltre alla coda del 2007/13. Ci sono risorse che possono essere salvate e rimodulate. Deve anche cambiare la gestione delle attività formative e la gestione dei punti di crisi e delle politiche attive del lavoro. Basti pensare che da molti anni è stata azzerata la struttura che si occupava di punti di crisi e che manca il dirigente dell’ufficio Lavoro della Regione». Il tempo è quello giusto, che Pittella raccolga il guanto.

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