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TRICARICO – E’ finita la suspance per l’amministrazione comunale tricaricese, guidata dal sindaco Pd Angela Marchisella. Ieri, infatti, il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso che contestava la regolarità di due liste elettorali alle Comunali 2013.
La sentenza ripete, in sostanza, l’orientamento già espresso nel luglio scorso dal Tribunale amministrativo regionale di Basilicata, che tra i primi in Italia, aveva respinto il ricorso presentato dall’ex candidata sindaco Maria Rosaria Malvinni ed altri, confermando che un consigliere provinciale può validare le liste per una competizione elettorale comunale.
I ricorrenti evidenziavano la «potestà di autentica delle firme dei consiglieri comunali e provinciali esclusivamente nei limiti dei due requisiti concorrenti della territorialità e della pertinenza della competizione elettorale. Di conseguenza, il consigliere di un ente locale non sarebbe legittimato ad autenticare le firme degli elettori e dei candidati di una competizione elettorale al quale l’ente in cui sono incardinate le funzioni sia estraneo. Le liste ammesse al di fuori di tali criteri, dovrebbero quindi essere escluse stante l’inefficacia delle autenticazioni effettuate». Per questa ragione, le liste numero 1 (Pd) e 2 (“Insieme per crescere” di Antonio Mangiamele) non avrebbero dovuto essere ammesse, secondo i ricorrenti, dato che le autentiche sono state effettuate da consiglieri provinciali (Anna Amenta per il Pd e Salvatore Cosma per la civica); i risultati elettorali finali sarebbero stati inevitabilmente diversi. Anche perchè, Maria Rosaria Malvinni ha perso per soli 34 voti sulla concorrente Marchisella. I ricorrenti, infatti, chiedevano la «correzione del risultato elettorale mediante sostituzione dei candidati illegittimamente eletti, con coloro che avrebbero avuto diritto ad esserlo e cioè soltanto quelli inclusi nelle liste numero 3 e 4, che hanno conseguito, rispettivamente, voti 1.035 e voti 899, con la conseguente elezione a sindaco di Malvinni e l’attribuzione alla sua lista dei 2/3 dei seggi assegnati al Comune, mentre la seconda lista avrebbe tre consiglieri anziché uno. In subordine i ricorrenti chiedevano l’annullamento di tutte le operazioni elettorali con ripetizione delle elezioni». A luglio 2013 il Tar di Basilicata aveva già respinto il ricorso, ma i ricorrenti non si sono arresi facendo scattare il passaggio definitivo al Consiglio di Stato, che mette la parola fine alla spinosa vicenda.
Il Cds è perentorio, ritenendo l’appello «infondato nel merito», La controversia riguarda l’interpretazione dell’articolo 14, primo comma, della legge 21 marzo 1990, numeo 53, nel testo novellato dall’articolo 4 della legge 30 aprile 1999, numero 120, ai sensi del quale: «Sono competenti ad eseguire le autenticazioni che non siano attribuite esclusivamente ai notai (…), ma anche giudici di pace, cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle Corti di appello, dei tribunali e delle preture, i segretari delle Procure della Repubblica, i presidenti delle Province, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma i consiglieri provinciali e i consiglieri comunali, che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco». Gli appellanti si basavano anche sulla sentenza dello stesso Cds (8 maggio 2013), secondo la quale, «i consiglieri provinciali e comunali sono legittimati a prestare la suddetta opera di garanzia solo ricorrendo due presupposti, costituiti dalla territorialità e dalla funzionalità del loro intervento». In altri termini, come si esprime la sentenza richiamata, «il consigliere dell’ente locale esercita il potere di autentica delle sottoscrizioni ex articolo 14 della legge 21 marzo 1990, numero 53, esclusivamente nei limiti della propria circoscrizione elettorale e in relazione alle operazioni elettorali dell’ente nel quale opera».
Quindi, «i consiglieri provinciali possono autenticare le firme relative alle operazioni elettorali per l’elezione dei sindaci ed il rinnovo dei consigli dei comuni della provincia, mentre i consiglieri comunali hanno analoga legittimazione per le elezioni del sindaco ed il rinnovo del consiglio del loro comune».
Soddisfatto l’avvocato Vincenzo Montagna difensore con altri dell’amministrazione in carica: «E’ stato modificato un precedente orientamento del Cds, che non riteneva valide le autentiche dei consiglieri provinciali e comunali per elezioni diverse da quelle del proprio ente. Il nuovo principio riconosce questa facoltà, per cui i consiglieri provinciali e comunali possono autenticare le firme per tutte le elezioni previste dalla legge».
a.corrado@luedi.it
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