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«PARLARE de “I promessi Sposi” è un’occasione per riflettere su di noi, su chi siamo, sulla nostra storia, sulla nostra lingua e su come l’abbiamo curata, su come l’abbiamo trascurata, su come possiamo continuare a coltivarla e ad amarla, e su quale atteggiamento dobbiamo continuare ad avere sul nuovo».
Sono alcune delle considerazione del giornalista e saggista Antonio Caprarica, ospite d’eccezione del seminario “I promessi Sposi, la giustizia e il carattere nazionale: da Lecco al mondo e ritorno”, organizzato da una commissione nominata dall’Ordine degli avvocati di Matera, in collaborazione con la Scuola superiore dell’Avvocatura e con il Comitato promotore della Candidatura di Matera a Capitale Europea della Cultura nel 2019, nell’ambito del Progetto “Libri per ragionare, libri per sopravvivere”.
«Con questo progetto –hanno spiegato gli organizzatori– la Scuola ha ritenuto di intervenire nella trascuratezza della lettura purtroppo diffusissima in Italia, laddove leggere è indubbiamente fondamentale non solo per affinare la capacità di parlare e di scrivere, ma anche per dotarsi di una ricchezza personale e di abilità professionali per conoscere, interpretare e applicare il diritto secondo principi di giustizia, legalità e di etica civile e sociale.
La commissione di Matera, composta da Stefania De Toma, Mariantonietta Montemurro e Eugenia Ziccardi, sta ritenendo di dare grande attenzione in questa prospettiva alla rilettura dei classici spesso trascurati, dimenticati, ma soprattutto dai contenuti adattabili a qualunque modifica dei contesti in cui viviamo.
Pertanto, conosciute le finalità del progetto, Caprarica ha ritenuto che I promessi Sposi potesse costituire l’occasione letteraria più preziosa per uno sguardo sui cambiamenti della società nei tempi, da quelli di Renzo e Lucia a oggi e nei luoghi del mondo, grazie alla sua esperienza di cronista internazionale.
Dopo il saluto del presidente del Consiglio dell’Ordine, Nicola Rocco, è seguito l’intervento di Stefania De Toma che ha introdotto il giornalista. «Mi pare lodevole –ha dichiarato Caprarica– che a qualcuno sia venuto in mente che la conoscenza tecnica giuridica e specialistica non debba essere disgiunta da un grado di cultura più generale e di consapevolezza sia della nostra lingua che della nostra identità letteraria culturale e politica.
Ho accolto l’invito con molto piacere, proprio perché ho pensato che avrei avuto la possibilità di riflettere insieme ad altre persone su cosa possa essere il destino della nostra collettività nazionale, partendo e prendendo come spunto un libro che certamente ed ingiustamente e colpevolmente noi italiani tentiamo a dimenticare».
Il giornalista ha ricordato come uno dei momenti più alti della Rai è stato quello dei famosi sceneggiati in bianco e nero, che riprendevano i classici della letteratura italiana, costitutivi della nostra nuova identità nazionale.
«Ho deciso di parlare dei Promessi Sposi –ha concluso Caprarica- per portare l’uditorio in giro per il mondo; infatti, interessante è anche il tragitto che Renzo compie, lasciando la sua cittadina sul quel ramo del Lago di Como, per andare oltre confine; un oltre confine racchiuso nello spazio di poche decine di chilometri, oltre Adda, perché quello era l’oltre dell’Italia. Quindi, il romanzo I promessi Sposi è una miniera inesauribile, che, purtroppo, viene confinata, di solito, nella preparazione scolastica di quinto Ginnasio con il risultato di rovinare una delle più belle letture che si possono fare in Italiano».
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