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LA prima telefonata dal Quotidiano me l’hai fatta tu, quando questa avventura umana e professionale 12 anni fa ha avuto inizio. Scrivo rivolgendomi direttamente a te Renato, perchè il racconto del lungo e intenso tratto di strada percorso insieme non può essere ridotto a un pezzo come tutti gli altri. Anche perchè tu non sei come gli altri. Uso il presente volutamente. Nella mia testa e nel mio cuore tu sei ancora un pilastro della nostra bella famiglia. Quel giorno al telefono mi sono bastati pochi secondi per vincere l’impaccio di fronte a una proposta inattesa, per me fresca di studi universitari: iniziare a scrivere di pallone per un giornale vero. La tua voce gioviale e rassicurante mi ha fatto sentire immediatamente accolta. E non mi sbagliavo. Quando dalla “strada” sono arrivata in redazione ancora una volta sei stato tu la spalla forte su cui appoggiarsi. In tutti questi anni, ora che ci penso, sei l’unico con cui non ho mai avuto nessuno dei mei “leggendari scazzi” con lancio di telefono annesso. Sono riuscita a polemizzare con tutti (direttori compresi), ma con te no. E come potevo mai arrabbiarmi con un uomo così? Per non farmi soffrire il freddo da aria condizionata mi hai addirittura ceduto il tuo posto nell’ “acquario”, sorbendoti per un po’ i mugugni di Mutino scontento  del “trasloco” forzato. E adesso tutto, intorno, mi parla di te: gagliardetti, la foto gigante del Matera, sciarpe, bandiere, targhe. Ne abbiamo passate e viste  tante insieme. La cosa incredibile è che, anche adesso che il dolore è lacerante, se penso a te inevitabile mi si allarga il cuore e mi torna il sorriso. I tuoi tormentoni, gli sfottò, le battute: sono le cose che mi vengono in mente. Se quella che era una mia passione è diventato il mio lavoro lo devo a te, alla tua generosità e al tuo “occhio lungo”. Anche l’avventura nell’Ussi (Unione stampa sportiva) è iniziata con te. Quando per la prima volta, a Casale Monferrato, mi sono trovata catapultata in un congresso nazionale, tu mi hai fatto ancora una volta da chioccia. Poi, in consiglio nazionale mi hai ceduto il testimone, pur costandoti molto quel passo indietro. Anche se non me lo hai mai detto, lo so che ci stavi male a non essere più parte attiva della squadra. Quei due giorni indimenticabili, insieme a Pietruccio nostro, trascorsi a Coverciano erano troppo poco. E’ per questo che ci ho tenuto tanto a farti tornare nella formazione “titolare” del nostro direttivo regionale. Renato, te lo dovevo! Sai qual è l’unica cosa per cui non mi do pace: non aver potuto fare niente per impedire che ci lasciassi troppo presto. Ma ti rendi conto di che responsabilità a me e a tutti i tuoi “ragazzi” che hai avviato a questa professione lasci sulle spalle? Adesso abbiamo un dovere nei tuoi confronti: portarti sempre con noi per i campi di calcio di Basilicata. Tu, però, non ti spazientire, continua a consigliarci da lassù. Sennò da soli come ce la caviamo? Renà, è una questione di correttezza, mia e tua…

m.agata@luedi.it

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