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POTENZA – Nessuno stipendio troppo alto, nonostante, lo ribadiamo, l’intero gruppo di presidenti, vicepresidenti, consiglieri e revisori dei conti costa alla Basilicata 309mila euro. Nessuna mancanza di professionalità, così come scritto nella relazione del 1999 ad opera della commissione di inchiesta della Regione Basilicata. Il problema è tutto politico, mentre c’è chi ancora, come abbiamo scritto ieri, aspetta gli stipendi arrestrati. Cgil, Cisl e Uil salgono sulle barricate per difendere i lavoratori del Consorzio in relazione a quanto scritto negli ultimi giorni sul Quotidiano riguardo alla spaventosa situazione debitoria dei Consorzi di Bonifica. Situazione che si ripete dalla loro fondazione e che richiede oramai interventi urgenti per frenare lo spreco di risorse pubbliche a frotne di servizi, come lamentato dagli stessi agricoltori, a volte insufficienti. Eppure «a nome dei dipendenti – scrivono el sigle sindacali – che oltre a dover tristemente verificare e sopportare sulle loro spalle il chiaro fallimento dell’Ente dove prestano quotidianamente la propria attività lavorativa devono anche sopportare gli attacchi mediatici che in questi giorni proliferano sui mezzi di comunicazione».
Parlare di stipendi troppo alti sarebbe una umiliazione, così come «le dichiarazioni di esponenti politici che lamentano mancanza di professionalità atte a portare avanti importanti progetti e, che, in definitiva sarebbero queste motivazioni per le quali si è arrivati al punto in cui siamo».
Ma i sindacati insistono sulla questione stipendi, che oltretutto abbiamo già chiarito. E’ chiaro che i dipendenti non percepiscono gli stipendi, ma a monte ci sarebbe una gestione fin troppo elastica. Eppure «tutto questo – scrivono – sta offendendo la dignità di uomini, prima ancora che quella di dipendenti consortili».
Di stipendi alti non ce ne sarebbero, perché tutte le assunzioni dei dipendenti dei consorzi sono regolate dal contratto nazionale di lavoro, che impone ovviamente degli stipendi minimi. Contratto stipulato e sottoscritto dallo Snebi.
Sulla questione «professionalità» si potrebbe aprire un discorso che va chiaramente a braccetto con la crisi economica degli enti consortili. Crisi che già nel rapporto del 1999 veniva definita come “strutturale”. Perché quanto scrivono i sindacati ritorna prepotentemente nella questione economica. «Nonostante le note difficoltà – scrivono – finanziarie del Consorzio, i dipendenti non hanno mai fatto mancare il servizio agli utenti, in moltissimi casi mettendo a disposizione mezzi privati e anticipando risorse finanziarie proprie». Questo dimostra che la tesi di un settore in crisi e inadeguato continua a reggere.
«I dipendenti unitamente ai prestatori d’opera e/o fornitori di beni e servizi sono i soggetti che pagano il prezzo più salato di questa situazione». E questo lo abbiamo chiarito mettendo nero su bianco quali sono i crediti milionari che i Consorzi attendono da diversi anni, crediti insoluti che hanno sviluppato il pesante buco nei bilanci e hanno fatto sì che con ritmo annuale la Regione intervenisse per coprire le spese. È quindi un problema che interessa la gestione interna ma, chiaramente, anche la politica. Quella stessa politica «incapace di andare oltre la periodica enunciazione di impegni, sempre smentiti dai fatti». Su questo i sindacati hanno pienamente ragione: la questione della legge sul riordino dei Consorzi è una questione molto vecchia, ripresa più volte prima da Mastrosimone, poi da Benedetto e infine dall’ex governatore De Filippo. Ma si tratta comunque di azioni che non hanno mai superato lo scoglio delle commissioni regionali «a causa – concludono i sindacati – non solo delle divisioni e in alcuni casi contrapposizioni esistenti nei partiti politici, ma anche per la poca chiarezza espressa dalle rappresentanze degli agricoltori; una legge regionale esistente mai applicata; una legge statale sulle bonifiche sempre disattesa; la cocciuta ostinazione a privare i Consorzi di direttori generali capaci e dotati dei poteri che la legge gli riconosce.
E’ mancato il coraggio di decidere. La politica ha il dovere di scegliere e decidere. Può cominciare a farlo riprendendo in tempi rapidi la discussione sul disegno di legge e sulle Proposte di legge esistenti. Unitamente a questo, bisogna immediatamente trovare le risorse per pagare le spettanze ai lavoratori oltre che a quei fornitori i cui servizi sono necessari a far andare avanti le attività».
v.panettieri@luedi.it
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