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POTENZA – Sono cinque nuovi permessi di ricerca che restano ancora una volta in attesa della valutazione di impatto ambientale. Cinque permessi che andrebbero di nuovo ad interessare una porzione del mar Jonio che si affaccia su Puglia, Basilicata e Calabria. In uno spazio ridotto quindi le richieste di permesso di ricerca salgono a quota sedici. Un vero e proprio assalto da parte dell compagnie petrolifere. Ma stavolta ad avanzare la richiesta pubblicata sul Buig, il bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse, di questo mese è la statunitense Global Med Llc, una società gestita dalla super potenza mineraria inglese Bhp Billiton, una delle società con più miniere e giacimenti petroliferi al mondo. Dunque la compagnia sarebbe interessata a mettere le mani attorno al golfo di Taranto, tenendosi però a distanze leggermente più ampie dalla costa rispetto agli altri permessi di ricerca. Ma oltre alle 16 istanze presentate, cinque le ultime, c’è da fare i conti anche con le quattro concessioni già attribuite lungo la costa calabrese.

L’area geografica comprende comunque il golfo di Taranto,  la costa crotonese e l’area di Santa Maria di Leuca, per un totale di circa 3mila 728 chilometri quadrati da destinare alle piattaforme offshore della compagnia. Ora le istanze dovranno ottenere il parere della valutazione di impatto ambientale dal ministero dell’Ambiente. E visti i grandi numeri e i ripetuti interessi lungo le coste del mar Jonio c’è da credere che l’interesse delle compagnie petrolifere nei confronti di questo pezzo di costa meridionale non ha intenzione di cessare. Due anni fa infatti era stata riaperta l’istanza di riapertura dei procedimenti relativi alla ricerca di petrolio nell’area costiera jonica lucana, da parte della Appenine Energy. In quel caso i comuni interessati sono stati quelli di Montalbano Jonico, Scanzano Jonico, Policoro, Nova Siri, Rotondella, Marina di Sibari e Schiavonea. Il caso della Appenine Energy però prevede la ricerca in un tratto molto vicino alla costa, tant’è che anche l’allora ministro all’Ambiente del governo Berlusconi, Stefania Prestigiacomo, decise di non consegnare ulteriori autorizzazioni. A differenza della vicenda Appenine Energy la Bhp punta a giacimenti un po’ più lontani dalla costa, quindi tecnicamente più facili da ottenere.

E gli ambientalisti hanno già promesso battaglia contro l’ennesimo progetto di ricerca. una battaglia che nasce soprattutto dalla tutela dei delicati ecosistemi marini della zona, che rischierebbero la modifica o la definitiva cancellazione grazie all’installazione dei nuovi pozzi sottomarini. C’è anche da tenere conto di un fatto puramente economico: la Bhp, quotata in borsa, lo scorso anno ha subito grosse perdite su tutti i settori, perdite che in un anno si sono assestate attorno al 30% degli introiti. Oltretutto la stessa compagnia è stata coinvolta in un inchiesta degli Stati Uniti per presunte violazioni delle norme anti corruzione in relazione alle olimpiadi di Pechino. In quella occasione la Bhp, che era anche sponsor ufficiale della competizione olimpica, avrebbe abusato della posizione e della sua visibilità per chiudere accordi con alcuni dei clienti più importanti, ovvero le imprese siderurgiche statali cinesi. In quel caso la Bhp avrebbe avviato un’indagine interna che avrebbe rivelato diversi casi di corruzione interna da parte di alcuni uomini della compagnia nei confronti di funzionari pubblici stranieri.

v.panettieri@luedi.it

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