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POTENZA – Ad un giorno di distanza dalla comunicazione del ministero dello Sviluppo Economico ecco pubblicata la relazione integrale in merito alla fiammata del centro oli di Viggiano avvenuta il 13 gennaio. Si parlava di “errore tecnico” ieri, di “errore umano dovuto a delle operazioni di manutenzione”. In pratica il Mise aveva in sostanza confermato quanto detto dall’Eni poche ore dopo la fiammata, senza però aggiungere nulla su un’eventuale anomalia nelle emissioni. Anomalia che effettivamente, come dimostrato dallo studio del Cnr, c’è stata davvero anche nelle emissioni. E non tanto nelle ore successive alla fiammata, ma giorni dopo, concentrandosi soprattutto nella zona a ridosso del centro Oli. Insomma, l’impianto sarà anche andato in depressurizzazione per colpa di un mero errore tecnico, ma in ogni caso le rassicurazioni sulla sicurezza dell’impianto sono arrivate fino ad un certo punto. Eppure, come scritto anche sulle nostre pagine all’indomani della fiammata, qualche situazione anomala in materia di emissioni c’è stata. Il Cnr non ha fatto altro che confermare quanto già detto nella relazione tecnica dell’Arpab, ovvero che la «portata dell’evento è stata notevole e che si è trattato di un fenomeno di indubbia e rara intensità».
E che «sono stati rilevati, a partire dal giorno dell’evento, incrementi di concentrazione di H2S (acido solfidrico), etilbenzene, m,p,o-xileni correlabili all’evento in oggetto». Insomma, qualcosa è successo, al di là delle rassicurazioni di Mise ed Eni, tant’è che se ne accorsero anche gli stessi operai. In ogni caso nella relazione del Mise viene spiegato quanto accaduto in maniera piuttosto dettagliata. In sostanza l’intero sistema elettrico del centro oli si appoggia ad una centralina (la Ups 1).
In caso di guasti l’intero carico elettrico viene automaticamente spostato sulla seconda centralina (Ups 2). Cosa è accaduto? Stando a quanto riportato un tecnico di una ditta esterna, incaricato di riparare la linea del gruppo di continuità principale avrebbe erroneamente attivato il sistema di chiusura di emergenza dell’impianto (Emergency Shutdown System) portando alla depressurizzazione della linea e all’automatico convoglio di tutti i fluidi in transito all’interno verso la torcia.
In pratica, stando a quanto si dice, un tecnico esterno specializzato non avrebbe notato il sistema di chiusura d’emergenza. E tutto questo sarebbe accaduto alle 11 e 25 e ripristinato poco tempo dopo. Alla fine tutta colpa di un’operaio “incapace”. Tant’è che il Mise ha anche specificato che da oggi in poi sarebbe meglio avere personale “altamente specificato” per questo tipo di operazioni. Tutto questo fermo restando che da questo momento in poi l’Eni dovrà inserire un ulteriore sistema di blocco o sicurezza per evitare che qualcuno attivi nuovamente il sistema. ma la questione a questo punto è un’altra, perché l’Eni e il Mise hanno glissato sulle emissioni oltre misura che avrebbe provocato la fiammata? È vero, si tratta di picchi notevoli ma comunque che non superano le soglie stabilite, tranne per quanto riguarda l’acido solfidrico che ha sensibilmetne superato le soglie odorigene stabilite dall’Organizzazione mondiale della sanità. Ma in ogni caso la domanda resta la stessa: possibile che che da questo incidente (a differenza di quanto scriveva ieri il Sole 24 ore che attribuisce l’ultimo incidente al 1994) l’unica cosa che è accaduta è un aumento della puzza?
v.panettieri@luedi.it
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