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E SE si vuole capire perché poi Marsiglia è diventata la capitale della cultura bisogna assolutamente leggere l’ultimo libro di Stefania Nardini, “Alcazar. Ultimo spettacolo” (edizioni E/O, disponibile anche in Ebook). L’intreccio delle contaminazioni, il porto che accoglie, l’approdo di un mondo che l’autrice, scrittrice e prima ancora giornalista, descrive in un’epoca particolare, il 1939, il diciottesimo dell’era fascista. A Marsiglia arrivano italiani in fuga dal fascismo, dalle leggi razziali. Ebrei, omosessuali, zingari e una compagnia teatrale al completo, la compagnia di Silvana Landi. E’ una trasformista internazionale, una donna che insegue e ottiene il trionfo sul palcoscenico di Alcazar, ma anche una donna che ondeggerà nelle cure e nei sentimenti, consegnando il suo cuore a un affascinante uomo del milieu. La lettura del libro e queste poche righe hanno un limite, o forse un punto di osservazione privilegiato. Stefania Nardini è una mia amica, avendo condiviso con lei anni di lavoro fondamentali. Ma soprattutto ho conosciuto Silvana, la protagonista del libro e madre dell’autrice.
Sicchè le parole, le movenze, il racconto della sua vita avventurosa me la restituiscono nel ricordo che ne conservo, bionda, con la sigaretta accesa, e sostanzialmente assente dalle incombenze quotidiane. Un’artista, fino alla fine. Questo libro è la sintesi di molte cose, è l’omaggio di una figlia alla storia della sua famiglia, è il tributo alla città d’elezione, quella Marsiglia già rifugio di Stefania Nardini sulle tracce di Jean Claude Izzo di cui ha scritto la biografia, è l’occasione per respirare, forti come il mistral, le affinità tra la vita del vieux port e i quartieri delle altre città delle vita di Stefania, Roma e Napoli. Stefania Nardini scrive e dipinge, riempendo le pagine di colori, ci porta tra le strade di Marsiglia piene di caffè, bistrot e di un’umanità varia che ti accoglie per strada offrendoti pesce fritto e pastis. E se la scrittrice, con un tratto a volte nostalgico e pieno d’affetto, ricostruisce la storia di Silvana, in un affresco d’epoca che fa di questo libro un romanzo storico, la giornalista mai sedata ci regala l’intreccio di un giallo (genere di cui l’autrice ha dato già prova con gli Scheletri di via Duomo) quando racconta la storia di Cordero (un omosessuale amico di Silvana, altro personaggio chiave del romanzo) e quando fa entrare nella trama l’eroica presenza di un giornalista americano arrivato a Marsiglia per salvare artisti, ebrei e antifascisti dai capi di concentramento. Sullo sfondo c’è la Marsiglia arrivata fino a noi, con trafficanti, contrabbandieri, mafiosi, uomini di mare, popolani del Panier e artisti e poeti. Un unico affresco di umanità contaminata. Grazie Stefania, sperando di poter raccontare il futuro di un’altra città il cui nome inizia sempre con la M e che spera nel 2019.
l.serino@luedi.it
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