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POTENZA – Resterà in esilio lontano dal capoluogo e dall’aula del parlamentino lucano, Paolo Castelluccio, il consigliere regionale di Forza Italia imputato nel processo sui rimborsi, e colpito dal divieto di dimora ripristinato due settimane orsono dalla Corte di Cassazione.

Lo ha deciso il gup titolare del fascicolo, Tiziana Petrocelli, che ieri mattina poco prima dell’inizio delle discussioni delle difese ha respinto l’istanza presentata dal suo legale per la revoca della misura cautelare.

Alla base di quanto sostenuto dall’avvocato Donatello Cimadomo c’erano molte delle considerazioni fatte proprie anche dal procuratore generale della suprema corte, che aveva chiesto l’annullamento dell’ordinanza del Riesame di Potenza.

A suo avviso, infatti, il divieto di dimora nel capoluogo di regione per un consigliere in carica sarebbe stato una misura «incongrua».

Da una parte, perché la nuova legislazione sulle «spese di esercizio del mandato» (4.500 euro al mese su base forfettaria) ha sostituito i vecchi rimborsi con l’obbligo di giustificazione. Perciò anche volendo abusarne, oggi il misfatto sarebbe del tutto slegato dalla loro rendicontazione più o meno fedele, che prima avveniva ogni sei mesi all’ufficio economato del parlamentino lucano, ovvero a Potenza.

Dall’altra, perché impedire a un rappresentante eletto di recarsi dove ha sede l’assise di cui fa parte non serve a impedire che caschi in tentazione di nuovo. A maggior ragione ora che il rimborso è stato trasformato in un contributo forfait. Piuttosto equivarrebbe soltanto a impedirgli di svolgere il mandato per cui è stato scelto dai cittadini, violando il principio di divisione dei poteri e interferendo coi meccanismi basilari della democrazia.

Di tutt’altro avviso si era mostrato il pm Francesco Basentini, che assieme a Sergio Marotta ha coordinato le indagini di finanza, carabinieri e polizia sulla gestione dei fondi per le spese di segreteria e rappresentanza dei singoli consiglieri lucani e quelle per l’attività dei gruppi presenti nell’assemblea.

Il magistrato aveva espresso parere negativo all’istanza di Castelluccio, e anche la scorsa settimana nel ribadire la richiesta di rinvio a giudizio per 33 dei 34 consiglieri imputati nel filone principale dell’inchiesta si era soffermato a lungo sulla questione.

In proposito è stata citata anche la legge Severino, che stabilisce la sospensione di diritto dei titolari di cariche elettive destinatari di misure restrittive da parte della magistratura. Dato che nel testo viene citato proprio il caso di chi viene raggiunto dal divieto di dimora nel luogo in cui dovrebbe esercitare il suo mandato, per il pm sarebbe stato evidente che che la questione del rispetto del voto è stata già affrontata e superata dal legislatore. Altrimenti si sarebbe espresso in maniera diversa.

Una tesi che sembra essere stata condivisa dal gup Petrocelli. Di qui la conferma dell’ordinanza a causa del rischio che il consigliere commetta altri reati della stessa specie di quelli per cui è a processo.

Castelluccio è accusato di aver intascato poco più di 10mila euro di rimborsi indebiti. Gli inquirenti gli contestano di aver rendicontato tra le sue spese di rappresentanza la riparazione dell’auto di un’amica, un soggiorno a Roma «in compagnia di persona non autorizzata», spese di viaggio “gonfiate”, inesistenti, o addirittura raddoppiate, inserendo le stesse schede carburante sia nella contabilità della sua segreteria, che in quella del gruppo del Pdl.

Confermato a novembre in provincia di Matera per il suo secondo mandato nel parlametnino lucano, Castelluccio era stato eletto anche segretario del Consiglio regionale, proprio il giorno della decisione della Cassazione.     

l.amato@luedi.it

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