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OPERAVA anche in Calabria la banda specializzata nel “foro a caldo”, una tecnica usata per svaligiare le gioiellerie. Stamattina il blitz per arrestare i responsabili dei furti: dalle prime ore del giorno nella provincia di Napoli è scattata una vasta ed articolata operazione anticrimine condotta dalla sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile della Questura di Potenza, con il supporto degli agenti della Squadra Mobile della Questura di Napoli e del commissariato di Afragola.
Molti i provvedimenti di custodia cautelare in carcere emessi dal Gip del Tribunale di Potenza, su richiesta della Procura della Repubblica di Potenza, nei confronti dei componenti dell’organizzazione malavitosa che operava, oltre che in Calabria, anche nei territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia ed Umbria. L’organizzazione è “specializzata” in delitti contro il patrimonio e in particolare furti ai danni di gioiellerie attraverso una tecnica che prevede appunto il taglio a rettangolo delle serrande metalliche ed il foro a caldo delle vetrine di esposizione. Una volta procurato lo spazio per accedere, i malviventi sottraevano dalle vetrine preziosi ed orologi di marca.
L’attività investigativa ha permesso, partendo dal furto ai danni della gioielleria Tomasco di Potenza, avvenuto a novembre 2011, di pervenire all’individuazione di 35 furti consumati tra giugno 2011 e novembre 2012, ai danni di gioiellerie nelle province di Potenza, Matera, Barletta, Salerno, Benevento, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Campobasso, Chieti, Terni, Lucca, Modena, Novara, Vercelli, Biella e Verbania, per un valore complessivo quantificabile in circa 1.500.000 euro.
La tecnica era ricorrente: il giorno prima del colpo si svolgeva il sopralluogo di rito, per definire il contenuto della vetrina e l’altezza degli espositori. La sera successiva, mai dopo le 2 di notte e spesso in zone molto frequentate, una persona veniva messa a fare il “palo”, e le altre si occupavano della saracinesca: con un trapano si praticavano quattro forellini per “bucare” il metallo alla giusta altezza, e quindi aprirlo con una cesoia; poi con una sorta di fiamma ossidrica artigianale (alimentata da una comune bomboletta di quelle usate per i fornellini da campeggio) si violava il vetro in modo tale da avere due buchi simmetrici per far passare un braccio (alcuni degli arrestati hanno ferite sugli arti) e prendere i gioielli, poi immediatamente ceduti a una rete di ricettatori (con ricavi da diecimila a trecentomila euro a furto).
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