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LAMEZIA TERME – A quasi dodici anni dell’omicidio dell’avvocato Torquato Ciriaco la Dda di Catanzaro chiude le indagini. Sarebbe stato il boss Tommaso Anello a ordinare l’eliminazione dell’avvocato per l’acquisto di una cava di inerti. Il movente è stato ricostruito dalla Dda. Nell’inchiesta sono indagati: Tommaso Anello, 50 anni, di Filadelfia, ritenuto il boss dell’omonima cosca della ‘ndrangheta; i fratelli Giuseppe e Vincenzino Fruci, di 45 e 38 anni di Curinga. Anello avrebbe voluto che la cava di inerti finisse ad un imprenditore già sottoposto ad estorsione.
Oltre al movente ricostruite anche le modalità dell’omicidio attraverso una serie di dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia e dalla testimonianza di alcune persone acquisite nel corso delle indagini. Il pentito sarebbe stato incaricato dalla cosca Anello di individuare le abitudini della vittima. Il pentito, infatti, avrebbe svolto una serie di appostamenti nei pressi dell’abitazione e del luogo di lavoro dell’avvocato Ciriaco, lo studio legale in piazza della Repubblica a Lamezia. La sera del primo marzo 2002, l’avvocato uscì dal suo studio quando, nei pressi del bivio Due mari sulla strada che da Lamezia conduce a Maida e Cortale (dove abitava il professionista insieme alla moglie e ai suoi sei figli) in località Calderaio di Maida, un’auto con a bordo almeno due killer affiancò il fuoristrada condotto dal professionista esplodendo diversi colpi di fucile a pallettoni. Le dichiarazioni rese agli inquirenti hanno trovato una serie di riscontri. La Dda di Catanzaro, inoltre, è riuscita a ricostruire anche la pianificazione dell’omicidio, la distribuzione dei singoli ruoli e le fasi relative alla eliminazione delle tracce.
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, e dal sostituto procuratore Elio Romano, sono dunque giunte ad una svolta a distanza di quasi dodici anni. Secondo la ricostruzione della dinamica dell’agguato, l’auto dei killer avrebbe affiancato il fuoristrada condotto da Ciriaco, che accelerò nel tentativo di sfuggire all’agguato. Dalla vettura degli assassini furono sparati alcuni colpi di fucile che raggiunsero Ciriaco al volto, provocandone la morte istantanea. Il fuoristrada finì la sua corsa prima contro un’auto in sosta e poi contro un muro all’ingresso di uno stabilimento di calcestruzzi. Poche ore dopo gli investigatori ritrovarono l’auto utilizzata dai sicari e rubata a Reggio Calabria. Le indagini seguirono diverse piste riconducibili anche alle attività extraforensi di Ciriaco che era soprattutto un avvocato amministrativista. Fu seguita anche la pista che portava agli appalti sui lavori della A3.
Appresa la notizia, la moglie della vittima, l’avvocato Giulia Serrao, ha precisato che “mio marito non era interessato all’acquisto di un’impresa, magari come avvocato può darsi che stava assistendo un cliente. Sulle indagini non posso fare commenti anche perchè non conosco gli atti. Naturalmente non posso che essere soddisfatta del lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine che hanno lavorato e stanno lavorando per fare piena luce e anche perchè l’opinione pubblica viene messa a conoscenza che mio marito è stato vittima di mafia”.
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