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SIBARI – «E’ trascorso un anno da quella terribile notte del 18 gennaio 2013 quando il Crati esondò e allagò l’area archeologica di Sibari e quasi nulla ancora è stato fatto per riportare i tesori sibariti allo splendore precedente». A dirlo è l’archeologa Silvana Luppino, responsabile dei siti archeologici sibariti, la quale non condivide che i lavori di ripulitura dal fango iniziano solo la prossima primavera.
Dottoressa Luppino, oggi ricorrerà il primo anniversario dell’esondazione del fiume Crati. Dopo 365 giorni, gran parte del Parco archeologico inondato resta ancora coperto dal fango.
«Purtroppo è così. Io penso che, essendo pronto già da agosto un progetto di recupero dell’area, i tempi potevano essere accelerati. Secondo me, questo è un intervento prioritario. Ora si parla della primavera. Ma io mi chiedo: come trascorreremo l’inverno? Come sarà l’inverno?»
Quindi lei sostiene che gli interventi di recupero dell’area archeologica potevano essere già iniziati?
«Poiché la perizia era pronta ad agosto 2013, probabilmente si poteva accelerare dando priorità a questi lavori. So che c’è un pacchetto di interventi che riguardano Sibari. Tutti impegnativi. Però il recupero dell’area è l’intervento più urgente, perché l’area è ancora in gran parte inagibile, non fruibile e abbiamo richieste di visite da tutte le parti. Se pioverà ancora sul bagnato, il lavoro, poi, sarà ancora più impegnativo. Se l’intervento inizierà in primavera questo sarà ancora più laborioso perché all’acqua, al fango e alla melma si sommeranno problematiche varie di conservazione delle strutture. Le motivazioni dell’inizio dei lavori in primavera non mi sono chiare».
L’area archeologica durante quest’anno è stata visitata da tanti “personaggi”. Anche tre ministri, Barca (per ben tre volte), Orlando e Bray sono stati a Sibari. Tutti avevano annunciato interventi imminenti.
«Soprattutto Barca. Il ministro Barca parlava di inizio dei lavori imminenti essendo disponibili i finanziamenti. Di sicuro la nostra speranza era che i lavori cominciassero all’inizio dell’autunno. Sono certa che già qualcosa poteva essere avviata. Abbiamo davanti a noi ancora tre mesi di inverno e, purtroppo, finora è piovuto pochissimo. Cosa molto strana e inusuale nella Piana di Sibari. Questa è una preoccupazione enorme».
Dottoressa Luppino, come sempre, il pericolo per l’area archeologica è rappresentato da una nuova eventuale esondazione del Crati. Le risulta che i lavori di messa in sicurezza degli argini siano iniziati?
«Sì, sono iniziati da qualche settimana. Sono i lavori finanziati dall’amministrazione provinciale. Dell’altro intervento, molto più importante, di competenza del commissario straordinario per l’emergenza idrogeologica e per il quale, come Sovrintendenza, abbiamo già espresso parere positivo, non abbiamo alcuna notizia. I lavori appaltati dalla Provincia interessano la sistemazione di un tratto di argine breve di 420 metri, prossimo al punto in cui il 18 gennaio scorso è avvenuta l’esondazione del Crati».
Quindi, secondo lei, sull’area archeologica di Sibari è stato fatto poco e, cosa più grave, non si sa cosa sarà fatto in futuro e soprattutto quando sarà fatto.
«Sì, e questo è molto preoccupante. Penso che Sibari necessita di interventi impegnativi e urgenti e, essendo l’area archeologica statale e demaniale, debba essere lo Stato a farsene carico. Lo Stato, avendo già disponibili circa 20 milioni di euro per Sibari e avendo già a disposizione un progetto per il recupero dell’area archeologica del Parco del Cavallo, avrebbe potuto accelerare le procedure per l’inizio dei lavori. Mi sembra doveroso plaudire all’iniziativa promossa dal “Quotidiano” e mi auguro che i proventi della sottoscrizione siano indirizzati a interventi migliorativi per la valorizzazione del patrimonio archeologico, quali per esempio il riallestimento, secondo nuovi accorgimenti, di due sale del Museo allestite nel 1996 o il rifacimento degli apparati didattici».
Potrebbero servire anche per il rifacimento del tetto e far sparire le bacinelle dagli ambienti museali quando piove?
«Le bacinelle dipingono bene la situazione di estrema difficoltà in cui ci troviamo. La risoluzione di questo problema si avrà con la realizzazione del progetto di efficientamento energetico dove è previsto il rifacimento del tetto. Pare che la gara sia stata già aggiudicata, ma non sappiamo se i lavori di rifacimento del tetto inizieranno in questo periodo invernale. Io penso sia necessario effettuare di urgenza qualche intervento tampone se non si vuole che, anche durante questo inverno, nel Museo continui a piovere. La situazione generale è di totale emergenza. Non so se chi rilascia interviste, dichiarazioni sia veramente consapevole delle problematiche che ogni giorno dobbiamo affrontare a partire dal fango, che ancora ricopre gran parte dell’area archeologica, all’acqua che scende dal tetto. Sono molto perplessa e preoccupata perché a distanza di un anno non è cambiato niente. Si è solo assistito a tante passerelle. Si è visto di tutto. E ora ci dicono che i lavori inizieranno solo in primavera!».
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