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VIGGIANO – Non arriveranno prima di 24 ore i risultati del monitoraggio dell’Agenzia regionale per l’Ambiente sugli eventuali danni ambientali provocati dall’incidente che si è verificato lunedì scorso al Centro Oli di Viggiano. Quando, in mattinata, all’improvviso una colonna di fuoco alta quasi 50 metri, preceduta da boato così forte da far pensare quasi a un terremoto, ha bruciato per oltre 15 minuti dal camino dell’impianto Eni. Accompagnata da un denso fumo nero che si è rapidamente diffuso in atmosfera. Cosa questo abbia comportato in termini di qualità dell’aria, lo diranno le centraline dell’Arpab. Cinque fisse che ne misurano costantemente i valori, quattro destinate ai rilevamenti acustici, e il laboratorio mobile che, con il supporto dei tecnici dell’Agenzia, subito dopo l’accaduto è partito alla volta di Viggiano, per monitorare i livelli delle emissioni in paese. Strumenti che però potranno raccontarci solo una parte della verità. Eni, lunedì scorso,  a poche ore dall’accaduto, ha escluso qualunque tipo di sforamento di concentrazioni misurato dalle proprie centraline. Ma la valutazione non è così semplice. La fiamma alta quasi 50 metri e il gas sprigionato hanno spinto le particelle ad una pressione altissima, facendole disperdere ad altezza molto elevata. Le centraline che misurano la qualità dell’aria, posizionate a una altezza inferiore, dovranno quindi attenderne la caduta. Ma le particelle sono leggerissime  e nel frattempo possono essersi diffuse su un raggio molto più ampio rispetto a quello limitato alla sola zona del Centro Oli. Va ricordato, comunque, che, la scorsa estate, in concomitanza di altri due episodi di questo tipo, le centraline Arpab hanno giù misurato picchi di concentrazioni di H2S, ovvero idrogeno solforato. Sostanza molto dannosa per la salute dell’uomo, che ha il tipico odore delle uova marce, e che anni fa provocò l’intossicazione di alcuni operai che lavoravano in un’azienda vicina al Centro Oli. «Questa volta è stato diverso, è stato peggio – racconta chi, lunedì mattina, era presente sul posto e ha assistito a quanto stava accadendo, temendo il peggio». 

La fiamma sarebbe stata molto più alta, e prolungata per più tempo. Eni ha già risposto che quello che tutti hanno potuto vedere corrisponde alla corretta attivazione della procedura di sicurezza. Ma se quest’ultima si è attivata, vuol dire che qualcosa all’interno non ha funzionato. Nulla che abbia a che fare con la complesse attività di trasformazione del Centro Oli. Il problema è molto più banale. A provocare l’incidente sarebbe stato un comune blocco dell’alimentazione della corrente elettrica. Non è la prima volta che alla base delle cosiddette “anomalie” che si verificano al Centro Oli ci sia un problema di questo tipo. La domanda banale allora è come sia possibile che la semplice interruzione dell’alimentazione elettrica, in un impianto considerato a rischio incidenti rilevanti, possa comportare l’arresto della produzione   e il conseguente convogliamento del gas presente nell’impianto alla fiaccola di sicurezza. E’ come se in un ospedale venisse bloccato un intervento in sala operatoria a causa della corrente mancante. E’ possibile che l’impianto non sia dotato di un sistema alternativo? Ma Eni chiarisce: «Non c’è stata mancanza di alimentazione elettrica dall’esterno, ma   interna all’impianto» . 

Determinata da «un’errata manovra durante un’attività di manutenzione ordinaria». E ribadisce: «Questo ha correttamente innescato la procedura di messa in sicurezza dell’impianto, con l’arresto della produzione e il convogliamento del gas presente nell’impianto alla fiaccola di sicurezza». Cause tecniche che, probabilmente, verranno ulteriormente chiarite negli accertamenti richiesti dalla Regione. Ma la conclusione rimane: quello che è accaduto lunedì mattina a Viggiano non può essere considerato affatto normale. 

m.labanca@luedi.it

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