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Il primo principio della termodinamica dice che l’energia sta sempre lì, al massimo si trasforma.
Riccardo se n’è andato quando non doveva e senza dare tempo di capire a nessuno di noi che lo abbiamo incrociato, amato, sfruttato, preso, abbracciato.
Qualche settimana più tardi, parte del mondo che gli è stato attorno ha provato a ricambiare.
È nato così lo spettacolo che qualche sera fa ci ha portati in tanti al conservatorio, a parlare anche di scienza e divulgazione. Franca, Sacha e Manuele hanno avuto un gran cuore a regalare un momento collettivo che parlasse di Riccardo, con il linguaggio di Riccardo.
A stare stipati tra le poltroncine dell’auditorium, a vedere tutta quella gente, ad ascoltare l’emozione diffusa mi sono ripetuta il perché Riccardo è stato un innovatore di città.
Riccardo ha saputo mettere in relazione esperienze, competenze, talenti, costruendo gruppi inaspettati e aprendo la strada a insolite collaborazioni. Un innovatore di città fa anche questo: mette in connessione interessi e capacità, fa incontrare le persone di mondi diversi perché costruiscano qualcosa di buono.
Riccardo aveva capito prima di altri che la comunicazione sociale, il volontariato e l’integrazione possono essere cose divertenti e parecchio colorate. Prendeva i ragazzi della giustizia minorile, i disabili, gli operatori, gli avvocati, i matti e gli insegnanti, li mescolava, poi li trasformava in una carovana gioiosa. Un innovatore di città fa anche questo: pesca idee e positività dove altri ancora non hanno avuto il coraggio di andarle a cercare.
Riccardo si arrabbiava con le istituzioni quando per burocrazia, pregiudizi, lentezza non riuscivano a guardare un po’ oltre. Ma Riccardo sapeva anche lavorare con le istituzioni, perché credeva nel pubblico come leva di crescita e strumento di opportunità di un territorio. Un innovatore di città fa anche questo: promuove la partecipazione, stimola le reti locali.
Riccardo sorrideva sempre. E già questo, in fondo, basta.
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