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VIBO VALENTIA – Ricchi, ricchissimi. Forzieri milionari in Svizzera, a cui i magistrati antimafia di Catanzaro arrivano grazie alle rogatorie internazionali. Soldi alimentati attraverso speculazioni immobiliari consumate nelle più incantevoli località turistiche calabresi. Soldi che si riciclano, esentasse, nei paradisi off shore, destinati alla reimmissione nell’economia italiana grazie allo scudo fiscale.
La ’ndrangheta sullo sfondo, in primo piano i furbetti del mattone. Così i pm, grazie al formidabile supporto investigativo dei finanzieri del Gico, delinenano quei business da terzo millennio finora solo scalfiti, e aprono spaccati inquietanti, inediti, che raccontano di soldi sporchi e, talvolta, anche di strane contraddizioni. Perchè le indagini, dopo la maxioperazione di marzo – “Black money – Overseas – Purgatorio” -, sono andate avanti offrendo nuovi particolari curiosi.
Come su quella Ferrari, ad esempio, della quale Antonio Velardo, l’immobiliarista campano in affari con l’ex terrorista dell’Ira Henry Fitzsimons e col clan Mancuso, aveva provato a disfarsi nel 2012, mentre gli 007 del tenente colonnello Giuseppe Furciniti erano alle porte.
Lui in giro con la fuoriserie, i suoi collaboratori – emerge dai nuovi verbali acquisiti agli atti dell’inchiesta – senza neppure lo stipendio. A scaricare Velardo fu addirittura uno zio che, sentito dai finanzieri, riferì di essere stato in possesso di un pacchetto di «circa 7 o 8 mila euro in valuta estera, rubli, dollari di Singapore e dollari americani». Soldi contanti, gestiti per conto della loro società, quasi fosse un bancomat. Soldi quantomeno sospetti, che ad un certo punto lo zio, rimasto appunto senza stipendio, decise di non consegnare malgrado la «paura di ritorsioni – disse – da parte di amici di mio nipote ed in particolare di Antonio Maccarone». Maccarone, genero del boss Luni Mancuso alias “Vetrinetta”.
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