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POTENZA – E’ la parola “crisi” a incombere sull’inaugurazione del XXXI Anno accademico dell’Unibas. Non ci sono grandi festeggiamenti, nulla di sfarzoso. E il rettore Mauro Fiorentino ci tiene a sottolinearlo. Non è il momento per festeggiare, ora è necessario «resettare» e ripartire, è questa difficile fase storica a pretenderlo.
E non a caso in mattinata, «l’Università torna a fare l’Università, senza prevedere interventi dei politici» e offrendo al pubblico del Campus di Macchia Romana l’opportunità di riflettere su come “Uscire dalla crisi: percorsi complessi tra identità e omologazione”. Perché il quadro attuale non è di quelli facili. E bisogna studiarne le origini. E soprattutto capire se ci sono possibili strade da seguire. E’ il ruolo dell’Università: offrire gli strumenti necessari per capire e comprendere. E così tra i relatori vengono invitati nomi importanti, come il filosofo Aldo Masullo (fermato però da un’influenza e che ha contribuito al dibattito con un video), per esempio.
Ma è attraverso l’intervento del presidente dello Svimez Adriano Giannola, che viene delineato il passato, il presente e il catastrofico futuro di questo Paese che, se non inverte immediatamente la rotta, rischia di veder fracassata nei prossimi anni la sua economia ma anche tutto il proprio sistema sociale.
E tutto perché finora si è andati nella direzione completamente opposta a quella che sarebbe stato necessario prendere.
Passato e futuro sostanzialmente sono uniti dalle politiche per il Mezzogiorno: «Lo Stato italiano è uno dei più deboli e meno coesi d’Europa. E fino al 2007 si è sempre parlato di “Paese duale”, con un Sud che non cresceva e un Nord ai livelli delle altre regioni europee. Già non era così: il Veneto, la Lombardia, l’Emilia Romagna erano già in profondo ritardo, ma faceva comodo evidentemente dare tutte le colpe al Sud. Poi la crisi è esplosa, mettendo in evidenza tutte le debolezze: negli ultimi 4 anni – ha spiegato Giannola – si è smantellata la capacità produttiva del nostro Paese: è come segare il ramo su cui siamo seduti. E la Basilicata in questo sistema è la regione che, insieme al Molise, perde più di tutte».
Abbiamo smantellato un sistema produttivo: questo significa bruciare migliaia di posti di lavoro, ridurre pesantemente il reddito delle famiglie mettere a serio rischio ogni possibilità di ripresa. Anche perché «le manovre hanno avuto un impatto devastante e sul Sud in particolare. E non hanno migliorato neppure lo stato dei conti. Le strategie dell’austerità hanno accentuato la crisi».
I numeri fanno paura: «al Sud c’è solo un 27% di occupati, con una base sociale fragilissima». E quello che è peggio è che l’unico modo che oggi i giovani hanno per per reagire è emigrare. Ed è quello che si sta verificando: dal Sud sono emigrate 1.427.000 persone negli ultimi anni, in parte recuperate da vecchi emigranti che tornano nel paese d’origine. Ma il punto è che se ne va la parte migliore, quella più preziosa: i giovani e i laureati. Quelli che sono costati di più in termini di collettività».
E se la situazione odierna è catastrofica, quello che ci aspetta è ancora peggiore: «stando così le cose, nel 2065 ci arriveremo con 4 milioni e mezzo di persone in meno: praticamente si ridurrà la capacità del Paese di autosostenersi».
L’unica strada è fare la sola cosa che finora non è stata fatta: investire sul Mezzogiorno. Perché, nonostante le tante lagnanze leghiste, la verità è che il Sud è fondamentale proprio per il Nord e la sua economia. «Il Sud è il mercato interno del Nord: basti questo per modificare i termini del dibattito. Se tu impoverisci il tuo mercato interno, non riuscirai mai a ritrovare la spinta. E l’Italia non esce dalla crisi se non in questo modo».
Il Sud è l’opportunità mancata, sprecata. E’ l’unica carta che l’Italia può giocarsi per poter vedere la luce in fondo al tunnel. Se lo si capisce subito allora forse possiamo salvarci tutti. In caso contrario, cari giovani andate via: qui non ci sono opportunità per voi.
Un piccolo messaggio di speranza lo lancia Giovanni Schiuma, ex studente dell’Unibas che oggi dirige un Centro di ricerca in Inghilterra. Anche Schiuma conferma che «bisogna attrezzarsi ad affrontare un periodo di crisi che andrà ancora peggiorando», ma c’è un’arma di salvezza: «riscoprire le risorse umane, un sistema organizzativo è vincente se riesce ad attivare le varie intelligenze e la creatività di ognuno». Siamo pronti a farlo? L’Università ha tracciato alcune strade, dovremo essere capaci di tradurle in politiche concrete.
a.giacummo@luedi.it
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