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CATANZARO – Alla fine è riuscita a ribellarsi ad uno stato di quasi schiavitù e a denunciare i suoi aguzzini cosi tre persone sono state arrestate dalla Squadra mobile di Catanzaro e una è stata sottoposta all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria perché accusate, a vario titolo, di riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione, maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale di gruppo. Gli investigatori, che hanno raccolto e riscontrato le dichiarazioni della vittima, hanno ricostruito una situazione familiare definita “drammatica ed inverosimile”, costituita da continue vessazioni, soprusi e violenze, che la vittima, convivente di uno degli arrestati, era costretta a subire, provandola nel fisico e nell’apparato motivazionale.
I tre arrestati sono Nicola Cappellano, di 48 anni; Gianluca e Rinaldo Berlingieri, rispettivamente di 35 e 40 anni. All’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria è stato sottoposto Ivan Contino, di 29 anni. Ai quattro è stata notificata una ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Pietro Scuteri, che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Saverio Vertuccio. I particolari delle indagini sono stati resi noti dal questore di Catanzaro Guido Marino, e dal capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti. La vittima di questa vicenda – ha detto il questore – è stata sottoposta a violenze inaudite, torture fisiche e psicologiche. Il nostro auspicio è che altre vittime di casi come questi abbiano il coraggio di denunciare».
Il capo della mobile ha evidenziato che la vicenda è maturata in un «tessuto sociale degradato. La donna era usata come un oggetto di proprietà». Dalla fine del 2012 la donna ha avviato una relazione con Cappellano il quale l’ha subito segregata in casa e costretta a prostituirsi. L’uomo avrebbe costretto la convivente anche ad avere rapporti di gruppo con Gianluca e Rinaldo Berlingieri. Contino, infine, avrebbe avuto il ruolo di sorvegliare la donna mentre era in casa ma il giudice gli ha contestato il reato di furto, per fatti commessi in alcuni centri commerciali insieme a Cappellano. Le violenze, secondo quanto si è appreso, avvenivano nell’abitazione dove vivevano la donna e Cappellano, un ambiente di pochi metri quadrati dove vivevano anche i cinque figli di lui e quattro di lei.
«Nonostante la mia contrarietà mi afferrarono per la gola e mi scaraventarono sul divano e poi, nonostante la mia resistenza, mi strapparono il pigiama di dosso riducendolo in brandelli». E’ questo uno dei passaggi più drammatici della testimonianza della donna che ha subito violenze di gruppo e ridotta in schiavitù a Catanzaro. Quando la donna vedeva arrivare i suoi aguzzini si rivolgeva al suo convivente, Nicola Cappellano, implorandolo di non farla sottoporre ad altre violenze. Cappellano, secondo il racconto della donna, gli avrebbe però risposto che «questo ti tocca perchè tu sei la loro schiava ed anche la mia». La donna avrebbe tentato in diverse occasioni di ribellarsi ma Cappellano, ha raccontato, «mi scaraventava sul letto prendendomi a schiaffi e sferrandomi pugni e calci». La donna ha poi raccontato nel dettaglio le violenze subite dai tre aguzzini. «Non ho mai usato precauzioni durante le violenze – racconta la donna – perchè Cappellano me lo proibiva. Per ogni mia prestazione Cappellano incassava trecento euro. Io non ho mai avuto la possibilità di uscire da sola dall’abitazione perchè mi veniva impedito di farlo ed ero segregata in casa sfruttando la mia persona a fini sessuali».
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