CROTONE – Contrariamente a quanto accadeva al suo omonimo personaggio dei fumetti di Sergio Tofano, stava finendo male l’avventura del collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, che ha rischiato seriamente l’arresto perché scambiato per un latitante. E’ accaduto a Brescia, tre giorni fa, ma la notizia è trapelata solo adesso; lo stesso Bonaventura l’ha postata ieri sul suo profilo Facebook, dove, quasi giornalmente, annota tutto ciò che accade e, periodicamente, i suoi appelli. Il collaboratore si trovava a Brescia per partecipare ad un convegno promosso dalla locale università, ed in albergo è stato raggiunto dai poliziotti della questura che volevano arrestarlo.
Lo ritenevano, infatti, un latitante addirittura da dieci anni. Dopo i primi momenti di concitazione, tutto si è risolto con un chiarimento. L’equivoco, infatti, era stato causato da un mancato aggiornamento di un data base. Ai poliziotti che volevano arrestarlo, oltre alle sue spiegazioni, è bastata una telefonata ad un magistrato della Dda di Catanzaro per chiarire il tutto. Tutto nasce dal fatto che, effettivamente, nel 2003, Luigi Bonaventura, era stato latitante, per un mese, per essersi reso irreperibile. Successivamente, poi, era stato arrestato e, nel 2006, riarrestato. Da sette anni, poi, è diventato un collaboratore di giustizia. Peccato, però, che i dati della questura bresciana erano rimasti fermi al 2003, per cui, Bonaventura risultava essere latitante da due lustri pur essendo stato, nel frattempo, arrestato altre due volte e divenuto un collaboratore. Al di la di queste sue tappe del percorso che l’hanno portato alla collaborazione, Bonaventura è noto da tempo alla cronaca ed è considerato uno dei principali collaboratori di ‘ndrangheta calabresi.
Se fosse stato davvero latitante, sarebbe stato tra i primi ad avere un proprio profilo su Fb. Il collaboratore, dal canto suo, sottolinea come sia inconcepibile il fatto che, dopo 7 anni di collaborazione con la giustizia, non tutti gli apparati dello Stato non conoscessero la sua posizione e che per questo, ha rischiato di finire nuovamente in cella. Luigi Bonaventura, infatti, è l’ex reggente della cosca Vrenna- Bonaventura di Crotone, ed uno dei pochi collaboratori con la posizione di vertice delle consorterie di ‘ndrangheta.
E di questa, per certi versi, emblematica storia di ordinaria burocrazia del sistema giustizia in Italia, parla anche la presidente del Coordinamento nazionale antimafia “Riferimenti”, Adriana Musella. «Risulta sconcertante – scrive la Musella – quanto accaduto al collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura di Crotone». La stessa coordinatrice di Riferimenti ricorda che «due giorni fa mentre Bonaventura dava testimonianza in un convegno presso l’università statale di Brescia è stato arrestato e definito un pericoloso boss latitante da circa 10 anni. C’è voluto poi l’intervento di un magistrato della Dda di Catanzaro per farlo liberare. Ma quando lo Stato diventerà credibile?». Rincara, poi, la dose delle critiche la Musella, sottolineando che «non c’è coordinamento sul territorio e finisce che chi primo si alza in questo Paese comanda. E’ una vergogna. A Luigi Bonaventura la mia solidarietà e quella dell’associazione che presiedo». Non è la prima volta che Bonaventura si imbatte negli stretti sentieri della burocrazia statale. Recentemente, il collaboratore ha reso noto, infatti, di aver presentato la cinquantesima istanza al Ministero della giustizia (in particolare alla segreteria della Commissione centrale per i collaboratori di giustizia). per ottenere la mimetizzazione, perché, sostiene «senza documenti di copertura non posso iscrivere mio figlio alla scuola calcio».
Allo stesso ministro Alfano ha chiesto «validi documenti di copertura (come previsto da contratto)». Vista la mancata risposte a questa, come ad altre istanze, ad esempio sulla mancanza di scorta, Bonaventura ha deciso che tutte le istanze verranno riproposte alla Corte europea dei diritti dell’uomo.