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POTENZA – Eni è pronta ad avviare il proprio programma di buy back, per la cui esecuzione completa ci vorranno però «tempi lunghi». Lo ha affermato l’amministratore delegato del gruppo, Paolo Scaroni, a margine di un incontro della Fondazione Eni Enrico Mattei. «L’Eni si è fatta approvare in assemblea e anche dal Tesoro un piano di buy back fino al 10% del capitale – ricorda – possiamo iniziare già da subito perchè siamo autorizzati».
Il riacquisto delle azioni, ha detto Scaroni, deve sottostare ad alcune condizioni «se il prezzo del petrolio è alto, se rispettiamo i parametri finanziari, se i risultati sono buoni. Noi non diremo quante azioni compriamo né quando le compriamo. Quanto tempo ci metteremo non lo so, per il precedente buy back sul 10% del capitale ci abbiamo messo nove anni, quindi ci mettiamo tempi lunghi».
Il tema del buy back, precisa infine, è separato rispetto alle decisioni che verranno prese dal governo sulla privatizzazione di un’ulteriore quota dell’Eni: «Il governo deciderà quello che crede – conclude – su quello che gli compete».
Dunque il primo passo verso la privatizzazione è in atto. Il buy back è infatti la prima operazione da compiere per procedere alla vendita di una percentuale dell’Eni. Si parla comunque della cessione di una quota del 3%, un modo per poter far mantere il controllo di una parte consistente dell’azienda allo Stato (circa il 30%). L’operazione di buyback infatti prevede un’operazione di riacquisto di alcune quote, un numero imprecisato stando a quanto dice Scaroni. Questo acquisto, pari circa al 10% significherà spendere 6 o più miliardi di euro per l’acquisizione. In questo modo la percentuale dell’Eni in “eccesso” acquisita dopo il buy back potrà essere rimessa sul mercato. Il guadagno prospettato da Letta dovrebbe aggirarsi sui due miliardi, una cifra irrisoria se si pensa quanto è stato speso per il riacquisto delle azioni.
Dunque l’affare privatizzazioni potrebbe risultare una vera spina nel fianco per Eni e la Basilicata. Intanto sembra che Scaroni non voglia neanche mollare la presa come amministratore delegato della multinazionale energetica. A Radio 24 due giorni fa ha candidamente ammesso: «Mi piacerebbe» alla domanda su un possibile quarto mandato alla guida dell’Eni. Meno diplomatico invece sulla questione degli stipendi ai top manager. Alla questione su un tetto agli stipendi l’ha buttata sul sarcasmo: «Ci vuole un tetto per gli stipendi dei calciatori e dei cantanti?». In ogni caso la questione del buy back potrebbe impantanare Eni per un tempo lunghissimo, circa dieci anni. L’operazione della privatizzazione quindi potrebbe essere spostata a medio e lungo termine.
Un dato sensibile e fondamentale riguarda comunque la questione dei prezzo del petrolio, che dovrà essere ragionevolmente alto per permettere l’acquisto progressivo delle azioni. E qui entra in gioco la Basilicata e il suo oro nero. la questione dei prezzi sarà importantissima per capire che margini di guadagno potrà avere l’Eni e non solo nella commercializzazione in Turchia (che è comunque in aumento rispetto allo scorso anno).
Intanto in Basilicata Eni incassa un nuovo nulla osta questa volta dal parco nazionale dell’Appennino lucano Val d’Agri lagonegrese. L’Ente parco infatti ha concesso l’autorizzazione al rifacimento di una strada comunale, in zona 2, che porta direttamente all’area del pozzo Cerro Falcone 3 e 4 tra i comuni di Abriola e Calvello.
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