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POTENZA – Adesso sperano tutti nelle motivazioni della Cassazione. Di modo che a gennaio – quando verrà il loro turno – gli ermellini facciano come per l’ex assessore, annullando le ordinanze di divieto di dimora nel capoluogo. Specie chi, come il pidiellino Paolo Castelluccio, intanto è stato rieletto, e rischia di essere sospeso un’altra volta.

Sono stati dichiarati inammissibili i ricorsi presentati dai consiglieri regionali uscenti Antonio  Autilio (Cd), Alessandro Singetta (Misto), e Rocco Vita (Psi), coinvolti nell’inchiesta sui rimborsi per i membri del parlamentino lucano e raggiunti il 24 aprile dal “bando” disposto dal gip Luigi Spina.

Inammissibili perché carenti d’interesse, come evidenziato dalla procura generale, che sul punto ha raccolto le adesioni anche delle difese dei consiglieri: Nicola Roccanova, per Autilio e Singetta, e Luca Marafioti per Vita (assente Savino Murro, ndr).

Infatti, il 17 maggio, qualche giorno più tardi del rigetto dei ricorsi presentati al Tribunale del riesame, era stato lo stesso gip a revocare l’ordinanza nei loro confronti. Motivo: l’avvenuta restituzione alle casse di via Verrastro dell’ammontare dei rimborsi contestati, considerato «un elemento nuovo idoneo ad escludere l’attualità delle esigenze cautelari».

Chi invece al Riesame non era proprio arrivato. O meglio, ci sarebbe arrivato ma soltanto a luglio, è Agatino Mancusi (Udc).

L’ex assessore, colpito a sua volta dal divieto di dimora nel capoluogo, era stato il più veloce a restituire i rimborsi contestati alla tesoreria del Consiglio. Già il giorno dell’interrogatorio di garanzia il suo avvocato, Paolo Carbone, si era presentato dal gip con la prova del versamento.

Le accuse nei suoi confronti parlavano di 8mila euro per aver chiesto rimborsi per 37mila chilometri in più rispetto a quanto riportato dallo stesso contatore dell’auto. Tra le sue fatture ne era stata evidenziata una per spese di ristorazione con data alterata dal 18 maggio 2010 al 18 giugno 2010. Altre invece risultavano emesse a Potenza mentre si trovava in missione, e altre ancora per l’acquisto giornali persino nei giorni di chiusura dell’edicola di riferimento.

Poi sono emerse anche richieste sproprositate di rimborsi per viaggi: fino a tre trasferte nello stesso giorno per distanze chilometriche che secondo l’accusa «non potevano essere sostenute dal consigliere». A meno di non sovvertire la fisica elementare.

Ma quel gesto repentino di ravvedimento dev’essere apparso sincero al gip che lo aveva convocato per chiedergli conto di tutto ciò.

Quindi l’annullamento dell’ordinanza nei suoi confronti, e l’affermazione di un principio su cui si sarebbero poggiate le istanze presentate dalle difese di tutti gli altri consiglieri nella stessa situazione: Autilio, Castelluccio, Singetta e Vita. Non appena si è saputo che il Riesame aveva bocciato i loro ricorsi.

Più quella del pidiellino Nicola Pagliuca, che in realtà al Riesame c’aveva già rinunciato.

A chi – invece – il “lodo Mancusi” non è andato giù per niente sono i pm Francesco Basentini e Sergio Marotta della procura di Potenza, sostenuti con forza da Laura Triassi, che per tutta risposta hanno deciso di fare a loro volta appello al Riesame contro tutti e sei. E si è arrivati alle decisioni di fine luglio.

Per il riesame, composto dai giudici Gerardina Romaniello, Natalia Catena e Angela Matella, il “lodo” sarebbe stato irrecepibile senza una piena confessione dell’addebito.

Una specie di giustizia ad appannaggio esclusivo dei più benestanti, per capirsi. «Essendo evidente -così scriveva il presidente Romaniello- che l’applicabilità di una tale situazione sarebbe limitata i cittadini di ceto medio-alto, che possono tranquillamente disporre di somme di denaro più o meno consistenti, mentre quelli di ceto meno abbiente ne sarebbero esclusi, con violazione del principio di parità di tratttamento».

«Inoltre – chiosava ancora l’ordinanza del Riesame – il comportamento non appare neppure sotto il profilo strettamente patrimoniale ed economico un atto dispositivo particolarmente afflittivo per gli indagati a fronte delle varie indennità ed appannaggi economici di cui godono i consiglieri regionali».

Come la pensa la Cassazione sul punto? E’ stata proprio una diversità di vedute sulla questione che mercoledì, mentre venivano dichiarati inammissibili i ricorsi sulla prima decisione del Riesame (quella di maggio) ha provocato l’annullamento con rinvio della seconda, di luglio, sempre al Riesame, per il solo Mancusi, che l’aveva impugnata prima degli altri?

Si capirà soltanto una volta depositate le motivazioni della sentenza. Come pure gli effetti della pronuncia che in teoria, nel caso di Castelluccio potrebbero garantigli sonni tranquilli di qui al 14 gennaio.

Per quel giorno a Roma è prevista la discussione del ricorso della sua difesa (avvocato Donatello Cimadomo) contro l’ordinanza del 27 luglio. Certo con lui ci saranno anche gli avvocati di Autilio, Singetta e Vita, ma per allora la loro sostituzione in Consiglio con i  nuovi eletti dovrebbe essere perfezionata. Perciò non è escluso che vadano incontro a una nuova dichiarazione di inammissibilità dei rispettivi ricorsi, sempre per mancanza di interesse.

Altra storia invece se dalle motivazioni della decisione dovesse emergere che è stata evidenziata una questione più effimera.

A quel punto il gip non potrebbe fare altro che correggere l’errore e ripristinare il “bando” salvando solo chi nel frattempo ha portato via i cartoni dagli uffici di via Verrastro.

l.amato@luedi.it

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