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PISTICCI – E’ in vigore da quasi un anno, l’ordinanza di chiusura della chiesa di San Rocco per evidenti problemi di ordine statico.
Dal dicembre 2012, pertanto, il luogo di culto dedicato al Patrono di Pisticci è inaccessibile al pubblico. Numerose e sempre più ampie appaiono le crepe all’interno della struttura il cui futuro dipende tutto dallo sblocco di una impasse che rischia di essere ancora lunga. Nel frattempo, sull’edificio si è abbattuto il ciclone Nettuno ed il suo impeto ha fatto maggiormente risaltare problematiche già evidenti, mettendo a nudo anche qualche nuovo elemento di maggiore preoccupazione. Se le infiltrazioni dalle pareti della chiesa e dei locali annessi erano già note, con l’acqua che dalla strada sovrastante s’insinua fino a raggiungere alcune volte ed il muro retrostante l’altare, finora non aveva mai piovuto dal tetto all’interno del perimetro sacro, principalmente dalla piccola navata sul lato più vicino a corso Margherita, ovvero quello nella direzione in cui la costruzione declina pian piano, ma pericolosamente. E così, nel corso dei picchi di pioggia, è stato necessario arrangiarsi con secchi e bacinelle, per evitare che l’acqua finisse sul pavimento. Roba da accampati. Guardando il tetto, inoltre, sono evidenti alcune lesioni che paiono aver interessato archi e pilastri. E’ aumentato il distaccamento di calcinacci, sui muri sono sempre più invadenti le macchie d’umido, mentre il pavimento è sconnesso e presenta sensibili dislivelli. Alcuni vecchi vetrini usati per valutare se i movimenti della struttura fossero in atto, risultano frantumati a conferma che la chiesa si sta spostando. Anche la nicchia del crocefisso alle spalle dell’altare è lesionata, come il vano al piano superiore ed il muro esterno.
Ma riparare la chiesa adesso, non è possibile ed è qui che nasce l’impasse, come torna a spiegare il parroco, don Rocco Rosano: «Spendere per la sua manutenzione non ha senso, perché il problema è di natura idrogeologica e riguarda il contesto in cui l’edificio è inserito. Sperpereremmo inutilmente i fondi, se l’aggiustassimo prima che s’intervenga in questa zona, con una soluzione strutturale adeguata al contesto. Ci dicono che questo versante dell’abitato è compromesso, è a rischio, e che serve una palificazione. Io non sono un tecnico, ma ormai conosco le informazioni che riguardano questa zona. Riparare, o anche ricostruire solo la chiesa, non avrebbe alcun senso e, dico di più, mi interessa davvero poco se nel frattempo viene a mancare il paese intorno ad essa. E’ un problema di cui si è discusso tanto, ma di risultati non ne ho visti. Mi chiedo cosa faccia in concreto il sindaco e mi chiedo cosa facciamo noi pisticcesi per dare una soluzione al problema».
Vito Di Trani, da parte sua, assicura che si sta «facendo tutto il possibile ed anche l’inimmaginabile. Ora l’attività di giunta regionale è ferma –spiega al Quotidiano- ma quello che ho chiesto all’Autorità di Bacino è far sì che, anche in considerazione dei prossimi lavori per la realizzazione del depuratore di Pisticci centro, la gestione della rete fognaria di rione Marco Scerra passi dal Comune, che non ha più fondi, ad Acquedotto Lucano.
Solo in tal modo sarà possibile rifare le vecchie condotte, che sono causa di infiltrazioni. La stessa cosa dovrà avvenire per il rione Dirupo, in funzione della rimozione del decreto del suo trasferimento». Ma, oltre ai lavori di riparazione delle perdite dalle fogne, è davvero necessaria una palificazione di consolidamento sotto il versante di corso Margherita?
«Intanto –risponde Di Trani– dobbiamo sistemare il problema delle infiltrazioni così da togliere la causa che va ad indebolire quel versante. Poi, se serve altro, ce lo diranno i tecnici. Lo Stato metterà a disposizione un miliardo di euro per far fronte alle situazioni di dissesto in Italia e Pisticci è assolutamente candidabile. In regione, inoltre, c’è una nuova amministrazione con la quale abbiamo un rapporto di maggiore vicinanza. Pittella ha detto che non si dimenticherà del metapontino e di Pisticci. Vorrei anche ricordare che esiste un nostro progetto per la piantumazione degli alberi sui versanti della collina colpita da recenti incendi. Occorrono 40 milioni di euro. Il 10% può metterlo la Regione, l’1% il Comune, ma il resto dovrà darcelo il governo». Le idee ci sono. La consapevolezza di quanto sia seria la questione idrogeologica a Pisticci, anche. Il problema resta la tempistica. Quanto tempo ci vorrà affinché AL accetti di gestire la fogne del centro storico e, poi, progetti e realizzi la loro ristrutturazione? E quanto per capire se questa misura è sufficiente oppure è necessario consolidare a valle intervenendo in maniera strutturale? E se servisse davvero un’opera di palificazione, chi la finanzia ed in quanto tempo si può realizzare? Quanto per incassare almeno parte dei 40 milioni di euro del progetto di piantumazione arborea sui versanti argillosi? Intanto un anno è trascorso e la chiesa resta chiusa. La sensazione è che nel 2014 occorrerà dar prova di saper maggiormente accelerare su alcuni passaggi cruciali e risolutivi.
LA STORIA DELLA CHIESA PROGETTATA DA LAPADULA
La chiesa di San Rocco, il santo Patrono di Pisticci, festeggiato con grandi onori il 16 agosto di ogni anno, fu progettata dal famoso architetto Ernesto Bruno Lapadula nel 1933 e realizzata dalla impresa “Dragonetti – Giannone”, che concluse i lavori nel 1937. Sorge, purtroppo, su una zona non del tutto al riparo dai rischi di dissesto idrogeologico tipici della collina argillosa, lungo un versante che, soprattutto a valle, ha già presentato delle criticità. Da tempo il luogo di culto è stato segnato da lesioni divenute via via più ampie, a prova dei problemi di ordine statico di cui è afflitta. Nel dicembre dell’anno scorso il sindaco di Pisticci, Vito Di Trani, emise un’ordinanza di chiusura al pubblico dell’edificio. L’architetto pisticcese, Renato D’Onofrio, ricorda che le prime criticità insorsero addirittura sul finire degli anni ’40. Lo stesso professionista è stato autore di un monitoraggio già nel 2007 e ritiene che all’osservazione, ormai avvenuta, debba far seguito la fase operativa già sostanzialmente nota, ma bisognosa di finanziamento. Nel frattempo il Comune ha contatto il professor Giuseppe Spilotro dell’Unibas, in merito a questioni di natura geologica e nella prospettiva di studiare le più appropriate attività di contenimento idrogeologico per la zona. Finora, tuttavia, la sensazione è che restino dei nodi da sciogliere, mentre si sperava che un anno potesse essere sufficiente per avere un cronoprogramma.
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