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I giudici costituzionali hanno deciso per l’incostituzionalità del premio di maggioranza e delle liste bloccate previste dall’attuale sistema di voto, ovvero il cosiddetto Porcellum. Quali sono le conseguenze immediate di questa decisone sull’attuale composizione del Parlamento? Secondo l’analisi che l’ex ministro, Renato Brunetta, ha fatto qualche giorno (prima delle decisone della Consulta) sulle pagine del Fatto quotidiano e riportata di seguito i deputati “abusi” del centrosinsitra sarebbero ben 148, e tra questi ci sarebbe anche la deputata lucana del Pd, Maria Antezza.
Se la Consulta dovesse bocciare il “Porcellum” in riferimento alla mancanza della soglia minima per il premio di maggioranza, automaticamente deputati e senatori eletti grazie a un regalo incostituzionale, se non ancora convalidati dalle rispettive Camere, decadrebbero, e dovrebbero essere rimpiazzati da quanti sono stati incostituzionalmente esclusi.
I calcoli consentono di ritenere – lasciando perdere il Senato che mi risulta aver già provveduto alla convalida dei suoi membri – che i deputati di sinistra “abusivi” sarebbero 148 (da 340 scivolerebbero a 192).
Il centrodestra avrebbe in tutto solo due onorevoli in meno del centrosinistra, situandosi a 190 e guadagnandone dunque 66 rispetto agli attuali 124. Non è un discorso ipotetico del terzo tipo. Ha ragioni giuridicamente fondate. Come si vedrà.
La particolarità di questo giudizio sta nel fatto che esso proviene da un processo civile promosso con il dichiarato obiettivo di ottenere l’annullamento della legge da parte della Corte costituzionale mediante il promuovimento della questione di legittimità da parte del giudice civile.
La questione di costituzionalità ha a oggetto due aspetti della legge elettorale. Il primo è quello del premio di maggioranza che presterebbe a esiti distorsivi sproporzionati e irragionevoli, in considerazione del fatto che non è stata identificata una soglia minima al raggiungimento della quale esso scatti.
Il secondo profilo è quello delle liste bloccate, senza previsione della possibilità dell’elettore di esprimere una o più preferenze. I parametri costituzionali richiamati sono vari, i più rilevanti dei quali sono l’art. 3 (principio di eguaglianza) e l’art. 48 (voto personale, eguale, libero e segreto), nonché il principio democratico-rappresentativo.
Gli effetti del pronunciamneto riguardano due aspetti: l’impatto sulla legislatura in corso; Il problema di una nuova legge elettorale.
Quanto all’impatto sulla legislatura in corso, non vi sono dubbi che vi sarebbero degli effetti giuridico-costituzionali.
Va infatti considerato che le sentenze di annullamento della Corte costituzionale non valgono solo per il futuro, ma hanno effetto retroattivo, a meno che le situazioni del passato non siano ormai giuridicamente definite e concluse.
A tal proposito è fondamentale rilevare che le elezioni del febbraio 2013, che hanno dato vita all’attuale Parlamento, non sono state ancora convalidate. Quindi non si può parlare di rapporti e procedimenti “chiusi”. Conseguentemente le giunte chiamate alla convalida delle elezioni non potranno non tenere conto della dichiarazione di incostituzionalità.
E dunque: a) nel caso in cui la Corte costituzionale proceda a un annullamento totale della legge (o anche alla reviviscenza della legge Mattarella) non si potrebbe convalidare nessuna elezione e l’esito sarebbe il necessario scioglimento nel giro di qualche settimana, magari con una legge elettorale tampone approvata con decreto-legge del tutto eccezionalmente e limitata a colmare i vizi di incostituzionalità del Porcellum; b) nel caso di annullamento del solo premio di maggioranza bisognerebbe, invece, ricalcolare proporzionalmente i seggi e assegnarli ai partiti a cui sono stati sottratti per attribuirli alla coalizione che ha vinto il premio ormai illegittimo.
La nuova ripartizione dei seggi produrrebbe evidentemente un terremoto nei rapporti di forza parlamentari; c) nel caso in cui la Corte accertasse l’incostituzionalità, ma non la dichiarasse ovvero decidesse di circoscrivere gli effetti temporali della propria pronunzia alle prossime elezioni, salvando la legislatura attuale, non vi sarebbero effetti giuridici, ma è evidente che una tale soluzione (già molto impegnativa per la Corte) produrrebbe comunque una gravissima delegittimazione politica non solo del Parlamento nel suo complesso, ma anche dei rapporti numerici all’interno della maggioranza di governo e tra questa rispetto all’opposizione.
Quanto poi al problema della nuova legge elettorale, essa dovrebbe venire adottata dal Parlamento nella “nuova” composizione a seguito della ridefinizione dell’assegnazione dei seggi o dal governo con un decreto legge di emergenza limitato a tamponare la situazione in vista dell’elezione di un nuovo Parlamento legittimo cui spetterebbe di riesaminare la questione.
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