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VIBO VALENTIA – Operazione della Squadra mobile di Catanzaro che ha eseguito provvedimenti restrittivi emessi, dal giudice per le indagini preliminari di Catanzaro nei confronti di cinque persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di usura, corruzione in concorso, intestazione fraudolenta di beni e violenza privata aggravata dalla metodologia mafiosa. I provvedimenti riguardano Paolo Potenzoni, Michele Purita, Carmelo Barba e Domenico Lo Bianco. Agli arresti domiciliari è andato Stefano Mercadante appartenente alla Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Vibo Valentia, ritenuto responsabile di concussione e corruzione in concorso con Michele Purita. Nel dettaglio, l’attività investigativa della Squadra Mobile di Catanzaro è stata sviluppata,grazie ad intercettazioni e alle dichiarazioni rese da un testimone di giustizia, l’imprenditore Pietro Di Costa di Tropea, che ha denunciato attività usurarie subite ad opera di Potenzoni, personaggio considerato contiguo alla criminalità organizzata del vibonese. Responsabilità sarebbero emerse a carico di Lo Bianco, elemento di spicco dell’omonima famiglia mafiosa, referente della famiglia Mancuso di Limbadi per la città di Vibo Valentia), per l’intestazione fittizia di beni finalizzata all’elusione dei divieti previsti dall’applicazione nei suoi confronti della Misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale. All’uomo è contestata la violenza privata nei confronti del testimone di giustizia, finalizzata alla stesura di un atto di compravendita di un bene immobile. 

L’AGENTE DI POLIZIA ACCUSATO DI CONCUSSIONE E CORRUZIONE. Le contestazioni mosse nei confronti del sovrintendente Mercadante riguardano il suo ruolo di appartenente alla Squadra Amministrativa della Divisione Polizia Amministrativa della Questura di Vibo Valentia. Nel provvedimento cautelare gli contestati al predetto i reati di concussione e corruzione. Riguardo all’ipotesi di concussione, nel 2008 Mercadante avrebbe costretto il titolare di un Istituto di Vigilanza, oggi testimone di giustizia, alla remissione di querela nei confronti del responsabile di un altro Istituto di Vigilanza. Per quanto concerne il reato di corruzione il Sovrintendente della Polizia avrebbe nel 2011 percepito da Purita, legale rappresentante di un Istituto di Vigilanza, somme di denaro al fine di evitargli controlli sull’attività svolta e l’esito favorevole degli accertamenti demandati alla Squadra Amministrativa a cui era addetto. Di quest’ultimo reato Mercadante risponde in concorso con il Purita. Dopo le formalità di rito gli indagati sono stati accompagnati nei loro domicili. 

 

E’ l’imprenditore Pietro Di Costa, di Tropea, nel Vibonese, il testimone di giustizia le cui dichiarazioni sono alla base dell’operazione della Squadra Mobile di Catanzaro scattata stamane a Vibo Valentia. Il testimone di giustizia, dal 2001 al 2011 sarebbe stato sottoposto a usura da Paolo Potenzoni, 33 anni, di Tropea, finito agli arresti domiciliari, mentre Domenico Lo Bianco, 51 anni, di Vibo Valentia, figlio del boss 80enne Carmelo Lo Bianco, alias “Piccinni”, avrebbe usato violenza nei confronti del testimone al fine della stesura di un atto di compravendita di un immobile. 
Nei confronti di Domenico Lo Bianco, fratello anche del boss Paolo Lo Bianco, è stato disposto l’obbligo di dimora. Il sovraintendente della polizia Stefano Mercadante, 49 anni, finito agli arresti domiciliari, all’epoca dei fatti nella Divisione amministrativa della Questura di Vibo, è invece accusato di concussione e corruzione. La concussione è riferita al 2008 quando il poliziotto avrebbe costretto Pietro Di Costa, titolare di un istituto di vigilanza, a ritirare una querela nei confronti del responsabile di altro istituto di vigilanza. Per quanto attiene al reato di corruzione, il poliziotto avrebbe nel 2011 percepito da Michele Purita, 46 anni, di Cessaniti, finito ai domiciliari, somme di denaro al fine di garantirgli l’assenza di controlli nel suo istituto di vigilanza di Vibo denominato “Sud Security”. 

LE ACCUSE DEL TESTIMONE DI GIUSTIZIA. Il testimone di giustizia, dal 2001 al 2011 sarebbe stato sottoposto a usura da Paolo Potenzoni, 33 anni, di Tropea, finito agli arresti domiciliari, mentre Domenico Lo Bianco, 51 anni, di Vibo Valentia, figlio del boss 80enne Carmelo Lo Bianco, alias “Piccinni”, avrebbe usato violenza nei confronti del testimone al fine della stesura di un atto di compravendita di un immobile. Nei confronti di Domenico Lo Bianco, fratello anche del boss Paolo Lo Bianco, è stato disposto l’obbligo di dimora. Il sovraintendente della polizia Stefano Mercadante, 49 anni, finito agli arresti domiciliari, all’epoca dei fatti nella Divisione amministrativa della Questura di Vibo, è invece accusato di concussione e corruzione. La concussione è riferita al 2008 quando il poliziotto avrebbe costretto Pietro Di Costa, titolare di un istituto di vigilanza, a ritirare una querela nei confronti del responsabile di altro istituto di vigilanza. Per quanto attiene al reato di corruzione, il poliziotto avrebbe nel 2011 percepito da Michele Purita, 46 anni, di Cessaniti, finito ai domiciliari, somme di denaro al fine di garantirgli l’assenza di controlli nel suo istituto di vigilanza di Vibo denominato “Sud Security”. 

 

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