X
<
>

Share
4 minuti per la lettura

POTENZA – Sarà la crisi e quel continuo ricorso all’austerità; sarà che le amministrazioni locali come molti privati non ce la fanno più; sarà. Ma adesso capita che siano i cittadini a rimboccarsi le maniche, a contribuire, a partecipare. A diventare soci di un patrimonio – culturale, storico, locale, architettonico – che rischia di chiudere per fallimento o abbandono.

È accaduto, per esempio, a Busto Arstizio, dove una storica libreria  ha riaperto grazie all’intervento dei suoi clienti: in 32 hanno investito alcune migliaia di euro a testa.

Pochi mesi fa anche Lou Reed, scomparso alcune settimane fa, aveva sottoscritto e rilanciato l’appello per salvare una parte dell’ex Lanificio, nel complesso di santa Caterina a Formello, a Napoli.

Volti noti e cittadini comuni costruiscono così la mobilitazione per luoghi del patrimonio collettivo.

A Potenza una delle battaglie dal basso più recenti, al momento però senza approdo, è stata quella per la caserma Lucana. Ex sede del Novantunesimo Battaglione, dovrebbe diventare sede regionale del comando Carabinieri. Quando il ministero della Difesa ha deciso di chiudere il presidio militare, a Potenza amministratori e associazioni hanno chiesto di restituire alla città la struttura. Un centro sociale, un presidio di Protezione civile, un centro universitario, diverse le proposte. «Credo che davvero quello potrebbe essere uno spazio importante per l’ateneo lucano. Vicinissimo al campus di Macchia Romana, in un momento in cui è impossibile chiedere alle università pubbliche di investire, sarebbe bello destinare la struttura ai servizi universitari come il rettorato, la biblioteca. Spazi della vita di studenti e cittadini, in pieno centro di Potenza: ecco, un collegamento tra città e ateneo». Così Piergiuseppe Pontrandolfi non ha dubbi nello scegliere lo spazio cittadino per cui vale la pena chiamare a mobilitazione.

Docente di urbanistica all’Università degli Studi della Basilicata, ex assessore comunale all’Urbanistica, attraversa con facilità i luoghi da salvare nel capoluogo. Come per la Caserma Lucana, si dovrebbe tornare a discutere, dice, del Vallone di Santa Lucia. Uno spazio verde che protegge la Fondovalle, l’arteria stradale più importante di Potenza: «Rimane uno dei pochi interventi che potrebbe cambiare il volto di questa città», dice. E come la zona Centro Studi – l’area di rione Poggio Tre Galli che raccoglie molte scuole – solo l’amministrazione pubblica può mettere mano.

Ma quanto siamo pronti a difendere lo spazio pubblico o un pezzo di territorio cittadino? «La vicenda dell’ex Cip Zoo dimostra – dice ancora Pontrandolfi – che se si coinvolgono i cittadini e si dà loro una possibilità, l’impegno arriva». In quel caso «hanno funzionato la comunicazione, il modello di coinvolgimento, la proposta progettuale». Il progetto di trasformazione dell’ex porcilaia della zona industriale in un parco cittadino è nato come momento di ricerca personale di alcuni professionisti. Poi il tam tam, la discussione aperta, l’affezione dei potentini ha trasformato l’idea in una proposta pubblica che ha raccolto 12.000 firme a sostegno. Al momento la volontà di destinare quell’area a uno spazio verde a disposizione della città è “ferma” in consiglio regionale, dove si aspetta l’accelerazione della procedura di trasferimento di quel suolo (ora di proprietà della Regione) al Comune di Potenza.

Michele Graziadei è stato a lungo assessore all’Urbanistica della città di Potenza. L’affezione dei cittadini verso lo spazio da salvare? «Ancora non è diffusa una cultura in questa direzione», dice.

Presidente dell’ordine provinciale degli Architetti, pensando alla città di Potenza, vorrebbe salvare il Covo degli Arditi, per esempio. «Quante cose belle potrebbe ospitare? Mostre, eventi ludici. Uno spiazzo enorme, una galleria lunga e con belle forme, e poi la scalinata: un piccolo monumento». Al momento è chiuso, troppo difficile gestirlo per la Provincia che ne è titolare.

«Durante il mio mandato avevo proposto il recupero del mercatino dei poveri nel centro storico: attraverso un concorso di idee pensammo a un giardino d’inverno. Sarebbe stato un modo per rivitalizzare il cuore della città». Ma vale anche per piazza Zara, la piazza più grande della città: perchè non farne spazio per concerti o eventi? «Ancora bisogna far crescere la sensibilità per la cultura dello spazio pubblico, dell’uso pubblico e del paesaggio. E se le menti migliori vanno via, il processo sarà difficile da accelerare». La mobilitazione, spiega, in fondo è questione di massa critica. Bisogna essere in tanti a volere salvare un pezzo di patrimonio comune. Bisogna essere in tanti per farsi sentire. E poi impegnarsi. Ma quando la volontà c’è, poi magari le cose si fanno.

s.lorusso@luedi.it

Share
root

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE