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Il riassetto e le prossime misure per l’università, che pure servono al nostro sistema accademico, devono guardare seriamente al futuro e ai problemi seri e reali del Paese, ed evitare spettacolarizzazioni e cambiamenti ‘spot’ o tagli da macellaio che uccidono la didattica ma non intaccano i rami secchi, che pur esistono: ma soprattutto devono avere tra gli obiettivi primari la difesa delle piccole Università, presidio culturale dei territori, che, in particolare al Sud, rappresentano ancora la speranza di un domani migliore.

Il 23 novembre rappresenta da sempre il ‘Dies academicus’ dell’Università lucana: un giorno simbolicamente importante, perché ricorda il terremoto che colpì l’Irpinia e la Basilicata, con 2.914 morti e 8.848 feriti, ma segna anche la volontà di rinascita di queste terre.

Una rinascita a cui ha contribuito anche il nostro Ateneo, sorto grazie alle leggi per la ricostruzione. Per questo motivo, a chiusura del trentesimo anno accademico – il primo (1983-1984) fu inaugurato il 23 novembre 1983 – vogliamo celebrare un’istituzione, ma soprattutto il suo spirito fondativo, che è quello di un polo della cultura, dell’istruzione e dello sviluppo dei giovani, e non solo, in Basilicata: un patrimonio prezioso per i lucani, e un sogno che continua a crescere.

Questa regione, oggi, è anche questo Ateneo. E nessuno deve, e può dimenticare, quello spirito fondativo.

L’Ateneo deve continuare a essere polo intellettuale e sociale: dobbiamo difenderlo con la consapevolezza che resta un corpo giovane, che sta facendo enormi sforzi per crescere e affermarsi. Ma che ha bisogno dell’aiuto di tutti per continuare la sua avventura.

Tutto è perfettibile, e ogni cosa può essere resa migliore e più efficiente. Ma l’Università non può essere in balia delle onde politiche, delle riforme ‘last minute’ e dei riassetti ‘spot’ frutto di gruppi a composizione e ad attenzione alternata.

Queste sono onde in grado di annegare ogni Ateneo. L’Università ha invece bisogno di puntare sulla ricerca, non sui ‘premi’ a gestioni frutto di sterili medie matematiche. Sull’efficienza, non sulla riduzione indiscriminata della didattica.

Deve puntare sull’eliminazione definitiva di quelle sacche di inoperosità, ma senza ‘spending review’ mediatiche che infieriscono ormai su un corpo morente.

Certo di interpretare al meglio gli intenti fondativi del nostro Ateneo, rivolgo quindi  in questo giorno simbolico un forte appello al governo Si abbandoni la sciagurata politica dei tagli lineari e indiscriminati che, tra l’altro,  stanno decapitando gli Atenei del Mezzogiorno, che sono un presidio di legalità e di sviluppo di cui il Paese non può, e non deve, fare a meno.

Chiedo bensì di porre maggiore attenzione alle specificità e ai distinti ruoli che atenei in contesti locali diversi possono svolgere per contribuire al meglio alla crescita complessiva del Paese.

Si tratta di dare piena attuazione ai commi 2 e 6 dell’articolo 1 della riforma ‘Gelmini’, tra i migliori ma tra i più dimenticati della stessa legge, che dovevano consentire maggiori livelli di autonomia, da concertare con il Ministero, agli Atenei con i conti in ordine e con una buona qualità della didattica e della ricerca.

È questo il caso dell’Università della Basilicata che, grazie anche alla specificità legata all’innovativa legge della Regione che la sostiene ha un indice di sostenibilità economico-finanziaria tra i più alti d’Italia, e ha già stipulato nell’agosto del 2011, un accordo di programma ai sensi del citato comma 6 che potrebbe e dovrebbe maggiormente essere considerato dal Ministero per sperimentare percorsi autonomi innovativi.

Prendiamo atto dello stato drammatico dell’Università, in Italia e soprattutto nel Mezzogiorno, e avviamo un percorso che guardi veramente al futuro. Rifuggendo da spinte alla spettacolarizzazione o all’improvvisazione, alle quali ci si è talvolta assoggettati in passato.

Questo appello  è rivolto anche ai lucani, ai politici, agli amministratori e ai parlamentari della Basilicata: questa terra ha bisogno del suo Ateneo.

 E l’Ateneo ha bisogno della sua terra. Pur se giovane, è un legame forte, che deve essere rafforzato.

 La nostra è un’Università che non può fare a meno del sostegno di tutti, della classe dirigente lucana, e della comunità della Basilicata. Dobbiamo crescere, è vero, ma stiamo impegnando il massimo dei nostri sforzi per diventare un polo accademico nodale nel Mezzogiorno.

Viviamo fianco a fianco con i grandi Atenei Campani e Pugliesi, ma non ne siamo schiacciati. Anzi, cerchiamo di tendere sempre al livello più alto. Ma i nostri sono numeri da piccolo centro accademico, e tali possono essere, per questioni anagrafiche, logistiche e temporali. Dobbiamo imparare a sfruttare questa peculiarità, non cercare di cambiarla a qualsiasi costo.

Facciamo quindi quadrato intorno al nostro Ateneo. Aiutiamolo con fondi e progetti di sviluppo. Ma permettiamogli anche di crescere con le giuste critiche, che non siano però sterili e strumentali.

Chi rema aprioristicamente contro la nostra Università, per fini personali o propagandistici, rema contro il futuro dei lucani. L’immagine di una Basilicata senza il suo Ateneo è l’immagine dell’omicidio definitivo di questa terra: invece l’idea di una Basilicata che lo difende è l’idea di una Regione che tutela il suo domani.

*Rettore dell’Università della Basilicata
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