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POTENZA – Dieci giorni in più di reclusione e altrettanti di interdizione dai pubblici uffici.
E’ l’aumento di pena disposto ieri pomeriggio dalla Corte d’appello di Potenza per Giuseppe Di Bello, tenente della polizia provinciale di Potenza, noto per le inchieste e le campagne a tutela dell’ambiente.
Di Bello era stato già condannato in primo grado a 2 mesi e 20 giorni a giugno dell’anno scorso. L’oggetto della fuga di notizie che gli viene contestata risale agli inizi di gennaio del 2010 ed è un’informativa indirizzata alla Procura della Repubblica sull’inquinamento delle acque dell’invaso del Pertusillo. Due mesi più tardi quell’informativa sarebbe stata trovata nel computer del segretario dei Radicali lucani, Maurizio Bolognetti per cui è ancora in corso il dibattimento dato che a differenza di Di Bello non ha optato per il rito abbreviato.
Con i dati sulla presenza di una serie sospetta di elementi contaminanti nell’invaso il segretario dei Radicali lucani aveva lanciato in pubblico un allarme, che nei mesi successivi avrebbe trovato anche diversi riscontri.
Di fatto, ferme restando le rassicurazioni di Acquedotto lucano spa sul corretto funzionamento dei potabilizzatori per l’acqua destinata al consumo umano, la presenza di scarichi abusivi nel Pertusillo è stata confermata da ripetute morie di pesci, analisi di vari istituti e denunce di allevatori scoperti a sversare i reflui di stalla in barba a tutte le normative. D’altra parte resta ancora da dimostrare il collegamento tra la presenza di alcune sostanze nell’invaso – idrocarburi in particolare – e le attività estrattive nei dintorni.
Pubblicizzare così quei dati non sarebbe stato consentito. Questo è quanto ha ribadito anche ieri la Corte d’appello.
A margine dell’udienza Di Bello ha già annunciato ricorso in Cassazione. “Trovo strano – ha aggiunto – che questa mattina il Procuratore Generale, di recente rinviato a giudizio nell’inchiesta Toghe Lucane bis, abbia lungamente argomentato per suffragare la bontà della condanna di primo grado nei miei confronti e molto meno per discutere di sentenze ben più gravi”.
In aula l’accusa aveva chiesto la condanna a 3 mesi di reclusione e 10 di interdizione dai pubblici uffici, che la Corte d’appello ha ridotto a 3. Le motivazioni verranno depositate entro 90 giorni di rito.
l.amato@luedi.it
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