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POLICORO – Cinque mesi per tornare indietro di quasi vent’anni. Con 34 pagine, fitte di note per la ricostruzione delle indagini, il gip di Matera, Rosa Bia, ha disposto l’archiviazione del procedimento, con la restituzione degli atti al pubblico ministero, Rosanna De Fraia, relativo alla morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, di 20 e 21 anni, avvenuta la sera del 23 marzo 1988 a Policoro nel bagno della casa della ragazza. La notifica ai legali delle due famiglie è arrivata solo ieri, ma l’atto era stato trasmesso un mese fa, dopo un lungo periodo servito al magistrato, per scandagliare nei minimi particolari le indagini svolte da quel maledetto 23 marzo, fino all’estumazione dei corpi ed alla nuova autopsia, effettuata dal professor Francesco Introna nel dicembre 2010. Secondo il Gip, tutto converge sull’ipotesi della morte per avvelenamento da monossido di carbonio. 

Nulla farebbe pensare alla morte violenta, come pure Nino Marazzita e Ivan Iurlo, i legali della madre di Luca, Olimpia Fuina, hanno cercato di dimostrare attraverso la perizia dell’investigatore privato potentino Lomagro. Ricordiamo che a gennaio, l’avvocato Marazzita durante la trasmissione “Quarto Grado” di Rete 4, annunciò con disarmante sicurezza che entro un anno sarebbe ritornato in tv con il nome dell’indagato/i per omicidio ed il relativo movente. Evidentemente il Gip non ha considerato degne di approfondimento le ricostruzioni dell’investigatore, ponendo forse la pietra tombale su questa amara tragedia lucana. Il Gip ha disposto anche la restituzione ai congiunti dei reperti esaminati dal Ris di Roma, spiegando che: «Le contestazioni degli opponenti non appaiono dirimenti rispetto alle motivate conclusioni dell’inquirente. Così non sono percorribili, perchè manchevoli di possibilità di risultato probante, le investigazioni sollecitate dai prossimi congiunti di Luca Orioli». Il giudice Bia ha concluso che: «Allo stato la possibilità che la morte dei due giovani possa essere stata determinata da avvelenamento da monossido di carbonio è l’ipotesi che appare maggiormente compatibile con gli elementi raccolti». Anche il ricorso ad altri metodi di analisi, ai fini di ricercare monossido di carbonio, sarebbe inutile per il tempo trascorso e le condizioni delle due salme. Il Gip si è soffermato anche sull’potesi del duplice omicidio: «L’analisi dell’inquirente mostra come sia sostanzialmente insuscettibile di condurre a risultati certi nella direzione della sussistenza del duplice omicidio, la rilettura degli elementi di indagine contenuta nella memoria depositata il 10 giugno 2013, perchè condotta non per quel che da essi si può desumere, ma in vista di quello che ipoteticamente da essi si potrebbe ricavare, ove si disponesse la prosecuzione di indagini esplorative. L’investigatore privato sostanzialmente reitera i dubbi ai quali gli accertamenti effettuati hanno offerto approfondite spiegazioni alternative, già più volte illustrate». 

Parole come pietre. Serena, ma non rassegnata, è parsa Olimpia Fuina, sentita ieri dal Quotidiano. Mamma coraggio, come è stata ribattezzata dalle cronache di questi anni, si riserva di leggere l’atto di archiviazione e poi, con i suoi legali, di valutare il da farsi. Nel frattempo si limita a prendere atto, con una certa tristezza in seguito alla soddisfazione di alcuni per questa seconda archiviazione del caso che, secondo lei, non deve essere chiuso. «Lo dico per Luca –ha sottolineato laconicamente – e per tutti quei ragazzi vittime di casi simili». Cauto l’atteggiamento di Ivan Iurlo, uno dei suoi legali, che valuta «Ben strutturata  –  l’archiviazione – un atto –ha detto al Quotidiano- assolutamente impeccabile sotto il profilo procedurale e processuale. Lo studierò nei prossimi giorni e valuteremo con il collega Marazzita eventuali altre strategie; di certo non abbandoneremo la signora Olimpia». Diversa la posizione di Riccardo Laviola, legale della famiglia Andreotta, secondo il quale «Allo stato c’è poco da replicare al Gip –  spiega prima di affondare: «Resta la delusione rispetto alle anticipazioni di Marazzita, che pensavamo avrebbero dato un contributo di spessore alle indagini, invece evidentemente il Gip ne ha solo registrato l’inconsistenza. 

A prescindere dal monossido, tutte le analisi fatte hanno escluso la violenza perché non ci sono lesioni sui corpi, il che significa che se la madre di Luca non si fosse opposta all’autopsia nell’immediatezza dei fatti, si sarebbe accertata già allora la morte per avvelenamento da monossido, con 20 anni di sofferenza in meno. Torniamo a rivendicare il diritto all’oblìo, perché la famiglia Andreotta è molto stanca, vuole piangere la propria congiunta sulla tomba e non in tv. In questa storia c’è stato tanto clamore mediatico e in tanti si sono scottati, dai periti indagati per falso, al pretore dell’epoca, fino a carabinieri e giornalisti. Si è speculato tanto, ora è il momento di dire basta».

a.corrado@luedi.it

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