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GENTILE direttrice,

qualche tempo fa mi sono casualmente imbattuta in una frase attribuita a Margaret Thatcher “In politica, se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi ad un uomo.Se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi ad una donna”.

Non so se ciò corrisponda al vero o se si tratta di una semplificazione che racchiude il carattere e l’approccio alla politica della lady di ferro ma sicuramente può essere uno spunto di riflessione in un paese dove le donne in posizioni di vertice sono ancora poche. Eppure una più forte presenza femminile nelle istituzioni potrebbe essere una delle risposte (sicuramente non l’unica) alla crescente domanda di trasparenza, concretezza e meritocrazia, tutti elementi di cui, a mio parere, il paese ha bisogno come il pane se si vuole uscire dal pantano.

E’ indubbio che non si tratta di prerogative femminili, pertanto non sarebbe corretto impostare il discorso sulla mera parità di genere, ma è indubbio che il deficit di rappresentanza esiste ed è rilevante.

In rete ho trovato un rapporto interessante  il quale sintetizza la questione sulla parità di genere, combinando indicatori relativi a: lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute  (https://eige.europa.eu/content/gender-equality-index).  Non è stata una sorpresa scoprire che l’Italia su una scala da 0 (nessuna eguaglianza) a 100 (massima uguaglianza) raggiunge un misero 40.9, contro il 54 della media europea; solo in Bulgaria, Grecia e Romania la diseguaglianza di genere è più marcata che da noi. Il dato strabiliante (e umiliante) è quello relativo al fattore “power” che misura la differenza di rappresentatività tra uomini e donne nella sfera economica e politica: media europea di 38, Italia 18.6!

Ora, guardando a casa nostra ed ai risultati dell’ultima tornata elettorale per le elezioni del Consiglio Regionale lucano, già dalla composizione delle liste era abbastanza evidente che le candidate avevano scarse possibilità di essere elette ed ora, ad urne chiuse e giochi fatti,  abbiamo la certezza che ancora una volta nessuna donna occuperà un posto in Consiglio Regionale.

Ma davvero nel nostro territorio non ci sono donne valide, competenti ed oneste?

Non è una mera difesa di “genere” ma una considerazione sulla democrazia: una assemblea regionale composta da soli uomini può davvero essere considerata rappresentativa?

Ovviamente il rimedio potrebbe rivelarsi peggiore del male.

Se il fine diventa solo quello di rispettare norme sulle cosiddette quote rosa o accontentare parte dell’opinione pubblica, si rischia di incappare in candidature di facciata: donne “decorative” o selezionate per volontà maschile, una concessione insomma (bella e inquietante, in tal senso, l’immagine delle “ragazze pon pon” evocata sul suo giornale dalla sempre lucidissima Antonella Pallettieri). In tal senso sono curiosa di vedere cosa accadrà relativamente alla composizione della Giunta regionale -considerati i suggerimenti che giungono da più parti al neo Governatore lucano affinché compensi, ciò che non è avvenuto in democratiche elezioni, con le scelte relative alla squadra di governo – e nella competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale nel Capoluogo di Regione, altra roccaforte maschile.

Ma in conclusione, dove sono le donne?

Ci siamo nascoste. A volte abbiamo rinunciato a partecipare attivamente ai “giochi” politici considerandoli noi stesse “roba” da uomini, delegando così  i nostri fratelli, padri, mariti. D’altronde gli uomini finora si son guardati bene dal creare le condizioni necessarie per superare gli ostacoli che una donna, soprattutto se non vuole rinunciare alla propria femminilità, incontra nel momento in cui decide di uscire dall’ombra; non a caso nel nostro disgraziato paese, a ancora di più nel sud, ci si occupa poco e male delle politiche per l’infanzia e per il sostegno alla maternità, tanto per citare un esempio.

 A volte, più semplicemente, ci siamo crogiolate nell’atavica mancanza di fiducia in noi stesse e nella nostra scarsa autostima.

Ci siamo costruite mille alibi: ci manca il tempo, la competenza, il coraggio, la voglia di impegnarci in prima persona e così abdichiamo alle nostre responsabilità, affidando ad un mondo tutto al maschile l’accesso alle stanze dove si decide il presente ed il futuro nostro e dei nostri figli.

 

 

 

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