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UN prestito di 140 mila euro, concesso nel 2010 con un interesse del 100% annuo a due soci di un autosalone, è al centro dell’inchiesta che ha portato all’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di quattro presunti esponenti della ‘ndrangheta a Torino. Un quinto, già detenuto per l’operazione Minotauro sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Torinese, pur rientrando nell’indagine coordinata dalla Dda, condotta dalla squadra mobile negli ultimi due anni, non è stato arrestato in quanto aveva già scontato un periodo di detenzione per la stessa vicenda.
In due anni i due imprenditori sono stati costretti a versare, a rate, somme di denaro con tassi di interesse tra il 6% e l’8% al mese e la loro società era fallita. Solo dopo essere stati contattati dalla polizia, che era risalita a loro attraverso alcune intercettazioni, i due hanno ammesso di essere stati taglieggiati. Sempre dalle intercettazioni emergono minacce esplicite che venivano rivolte loro, con frasi come “Ti spariamo in testa” o “Ti devi fare la plastica in Svizzera”.
Tutte le persone raggiunte dall’ordinanza del gip Eleonora Montserrat Pappalettere si trovavano già in carcere per inchieste precedenti, riguardanti la locale di ‘ndrangheta di Giaveno (Torino). Il capo dell’organizzazione era Giuseppe Mirabella, 72 anni, di Sommariva del Bosco (Cuneo), noto come “il nonno”, che si faceva portare le vittime dell’usura a domicilio quando si trovava agli arresti domiciliari. Di questa faceva parte anche Eduardo Cataldo, 47 anni, di Torino, considerato il tramite con la cosca Cataldo di Locri.
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