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Durante la campagna elettorale, ogni parola detta o scritta viene giudicata con sospetto perché si crede che   i nostri pensieri, le nostre azioni, gli scritti tendano a dare sostegno a un partito o a un candidato. Per questo motivo, pensavo che fosse opportuno tacere e non esprimere nessun giudizio su quello che accade intorno a me, nella mia regione e nella mia città. Ma, per puro caso, mi è capitato di rileggere un passo di Giustino Fortunato che scriveva: “Finché non avremo coscienza che il male di una sola fra le regioni è male di tutta Italia, noi non potremo mai guardar sereni l’avvenire, non potremo mai affrontare sicuri i due grandi problemi del domani, il religioso e il sociale: alla prima scossa imprevista, al primo urto subitaneo, quelle masse rurali che non vogliamo o non sappiamo trarre a noi, per paura, faranno saltar per aria l’edifizio! Facciamoci amare, se non vogliamo essere odiati. E a riflettere bene, nell’aspra lotta politica del nostro paese, quello de’ partiti rimarrà vincitore, che più veracemente vedrà e più affettuosamente sentirà la gran questione del Mezzogiorno”. Le parole di don Giustino aiutano sempre a comprendere meglio cosa succede oggi e a darci delle indicazioni. Niente di nuovo scrivono coloro che dichiarano che il Mezzogiorno d’Italia non è il problema ma la soluzione. Ma io aggiungerei che per farsi amare, e secondo il concetto più classico dell’amore, ripeto per farsi amare bisogna amare. E l’amore non è solo fatto di belle parole, di dolci espressioni o di proclami a gran voce ma vuoti di significato. 

Amare significa, almeno per me, dimostrare con azioni l’affetto, la considerazione, la stima, l’orgoglio, la tenacia che ci procura questo sentimento. E non solo! Bisogna anche saper dire ti amo perché per uno strano e inspiegabile motivo, ci viene sempre più facile dire ti odio e difficilissimo dire ti amo. Ma perché scrivo queste parole? Sto parlando della mia città, della città di Potenza che, mai come in questi giorni di campagna elettorale, è sottoposta a una feroce   denigrazione da parte dei suoi stessi cittadini. Non ho mai capito come sia possibile dire che bisogna far di più e meglio per un luogo e, al contempo, provare una profonda indignazione verso quello stesso luogo. Basta, potentini! Vogliamo amarla questa città una buona volta per tutte? Non vi accorgete di quanto gli abitanti degli altri luoghi amino il proprio paese natio? Vi sia di esempio Matera e i materani tutti coalizzati per ottenere un risultato positivo nel progetto Matera 2019. Noi stessi potentini ci coalizziamo con Matera perché vinca questa sfida e anche il resto della Basilicata. A Potenza, invece, va di moda denigrare tutto e tutti, è una città dove si fa bella figura a parlar male dei propri concittadini, della propria tradizione, delle strade, dei palazzi, dei monumenti e di tutto ciò che ci appartiene. Certo, so bene che l’odio e l’amore sono due sentimenti molto vicini; a volte, si ama così profondamente che si crede di odiare. 

Ci si difende dall’amore perché si crede di essere più deboli proprio perché innamorati. Invece è tutto il contrario: amare è roba da coraggiosi! E allora invito tutti a provare amore, rispetto e orgoglio verso questo territorio e questa città. In questi giorni, in occasione di un convegno internazionale, molti colleghi e ospiti di questo incontro e provenienti da enti di ricerca e università europei e italiani, sono stati da me condotti in giro per la città. L’espressione era comune a tutti: “non immaginavamo che Potenza fosse una bella città”. Apprezzavano le strade del centro storico, le chiese, i palazzi tutti restaurati, le scale mobili che hanno voluto percorrere più volte perché, mi ha detto uno di loro “sono un collegamento innovativo tra il passato e il futuro e sboccano negli stessi posti dove si aprivano i varchi dell’antica cinta muraria”. Hanno apprezzato la tradizione enogastronomica, hanno apprezzato, con esclamazioni spontanee, il teatro Stabile sentendosi onorati di essere ricevuti in una location così raffinata ed elegante.  “Verrà il giorno in cui potremo rammentare, non senza orgoglio, le angustie presenti. Me felice se quel giorno mi sarà dato di dire, che nessun male ho nascosto, nessuna parola di adulazione mi è sfuggita dalle labbra, non mai l’ira di parte mi ha velata la mente od oscurato il giudizio! Tornando allora tra voi – per chiedere anch’io tra voi il riposo del corpo e la quiete dell’anima – me felice, se non avendo mai inspirato il dubbio nella mente dei miei comprovinciali, rivedrò sui vostri volti diffusa la gioia della vittoria e la letizia dell’opera compiuta! L’affetto vostro, unica ambizione della mia vita, sarà quel giorno, per me, la più larga generosa ricompensa”.

Queste le parole di don Giustino, alla fine della sua vita. Ci siano di esempio. E perché si incominci ad amare Potenza, bisogna continuamente e sinceramente esclamare: “Potenza, io ti amo!”. E lo esclamerò per sempre fregandomene dei giudizi negativi di coloro che, per costruirsi un ruolo e un’immagine, sono sempre pronti a parlar male dei propri concittadini e della propria città.  Questo è l’orgoglio di appartenere ad un territorio, sentirsene parte e, principalmente, essere felici di viverlo. Ai perenni scontenti, calunniatori e diffamatori io preferisco gli apologeti dei sogni, i sostenitori, i paladini, i fan, i simpatizzanti, i difensori, gli appassionati della città di Potenza, perché solo chi ha passione può urlare “io ti amo”.  

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