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Caro direttore, la prima delle priorità lucane è, come detto nei giorni scorsi, l’occupazione, che non può che trovare il primo posto tra le future azioni del governo regionale ormai prossimo.

Osare in Basilicata su questo tema significa quantomeno proporre un reddito minimo garantito alle fasce più deboli che abbia carattere temporaneo e propedeutico allo stallo dato dalla ricerca del lavoro e porsi l’obiettivo di creare un  minimo di 7.500 nuovi posti di lavoro in cinque anni di azione di governo regionale, riformando il sistema degli incentivi e creando delle condizioni di vantaggi competitivi perché gli Investitori giungano da noi.

Non deve passare un solo giorno in cui il tempo speso ad amministrare non sia utilizzato nel cercare di tutelare i posti di lavoro presenti e creare nuove opportunità di lavoro.

Ora Lei si chiederà come fare ciò, provo a spiegarglielo. Occorre rivoluzionare l’azione politica amministrativa introducendo un “Modello Territoriale di Sviluppo Sostenibile” che preveda alla base dello sfruttamento di una ricchezza esauribile in un territorio deve determinare una compensazione economica da utilizzare nel territorio stesso per insediarvi attività in grado di auto-sostenersi e che si caratterizzino per la loro capacità di coniugare aspetti etici ed economici.

Per dare concreta attuazione all’insediamento del Modello, debbono però essere sempre scelte, da parte della classe dirigente, esclusivamente Azioni tecnologico-organizzative in grado di soddisfare contemporaneamente tre indicatori di sostenibilità da quantificare preventivamente:

1) Creazione di nuovi posti di lavoro con particolare attenzione al lavoro giovanile. Non è infatti ragionevole pensare ad uno sviluppo territoriale che non si basi sulla nascita di nuovo lavoro. Saper coniugare aspetti etici ed economici implica la capacità, da parte del management territoriale, di saper orientare risorse e/o incentivi pubblici esclusivamente verso quelle Azioni  che si caratterizzano, sia su base preventiva che verificabile ex-post, per la loro capacità di massimizzare questo indicatore.

2) Ridistribuzione equa del reddito fra tutti gli attori che operano all’interno dell’iniziativa attuata sul territorio. Per raggiungere questo scopo l’Azione scelta si dovrà caratterizzare per: forme societarie/organizzative in cui l’apporto di una pluralità di soggetti locali sia prevalente rispetto agli apporti esterni, pur sempre necessari; scelta di processi produttivi e/o tecnologie ad elevato fattore di utilizzazione cui conseguono minori costi d’investimento a favore di una maggiore disponibilità di risorse per  i costi di gestione, in primis il lavoro.

3) Minimizzazione sia delle emissioni di gas serra sia dell’impatto sulla salute umana e sull’ambiente, quali conseguenze della specifica Azione che si intende attuare. Per questo indicatore, di evidenza ineludibile, sembra comunque opportuno sottolineare l’ esigenza di una adeguata misurabilità post operam. Solo nel rispetto dei tre principi sopra elencati si potrà perseguire il fine di creare un vero Modello territoriale di sviluppo sostenibile e perseguire la volontà di creare nuovi posti di lavoro.

Dobbiamo, poi, attrarre investitori con soluzioni innovative che offrano vantaggi competitivi e politiche tributarie adeguate nel rispetto delle normative europee e delle leggi sull’antitrust. In Regione, lo sappiamo tutti, disponiamo ancora di ingenti risorse finanziarie date delle risorse energetiche che disponiamo (anche se esauribili), abbiamo capitale umano e una buona dose di sogni per provare a cambiare il nostro sistema di produzione e consumo, per diversificare gli investimenti, per rilanciarci nel futuro e creare maggiore benessere per tutti i nostri cittadini. E forse, caro direttore, in tale modo e con il contributo di tutti si potrà sterzare senza indugi ad azioni che stabilizzino la credibilità regionale, creino occupazione, tutelino la salute e l’ambiente e producano rinnovamento nel segno dell’etica con l’adozione di un modello territoriale di sviluppo sostenibile. Osiamo.

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