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LAMEZIA TERME – Era il 6 settembre 2012 quando l’ex padrino del clan Giuseppe Giampà (figlio del capostorico del clan Francesco Giampà “il professore”) decide di pentirsi. Al primo interrogatorio davanti il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giuseppe Borrelli e del capo della Squadra mobile di Catanzaro Rodolfo Ruperti, svoltosi nel carcere di Potenza, racconta della sua ascesa all’interno del potente clan, dei rapporti con le altre cosche, delle estorsioni, del traffico di droga, delle armi a disposizione della cosca e chi li custodiva per suo conto e degli omicidi da lui ordinati rivelando i moventi e gli esecutori materiali. «Quanti omicidi ho commissionato? Una ventina…venti, venticinque» risponde a domanda specifica.
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Racconta quando entrò a far parte del clan fino a diventarne il capo oltre che fare nomi e cognomi degli esponenti ai vertici del clan, dei suoi gregari e di altre famiglie affiliate (in particolare dei Notarianni) e quando e perchè arrivò il momento di prendere lui da solo le redini nel settore delle estorsioni.
ASCOLTA L’AUDIO/2: «COSI’ HO MESSO DA PARTE MIO ZIO»
Nel primo interrogatorio da pentito spiega agli inquirenti quando voleva eliminare anche Umberto Egidio Muraca (poi pentitosi a ottobre 2012) che insieme a Francesco Torcasio “carrà” era andato a chiedere l’estorsione a un distributore di benzina ubicato nel territorio di “competenza” della cosca Giampà. Poi l’ex boss propone un accordo a Muraca che solo per una fortuita coincidenza scampò all’agguato. Gli dice che se voleva occuparsi delle estorsioni al quartiere Capizzaglie gli avrebbe dovuto consegnare Francesco Torcasio. Muraca accettò e gli indicò, tradendo Francesco Torcasio, l’ora e il luogo dove i killer avrebbero trovato la vittima per poterlo assassinare. Cosa che avvenne quando Francesco Torcasio fu ucciso esattamente un mese prima dell’uccisione del padre, Vincenzo Torcasio, freddato in un campo di calcetto mentre era in corso una partita sempre su ordine di Giuseppe Giampà. Con l’agguato ai due Torcasio, l’ex boss voleva dare il segnale alla cosca avversa che a Lamezia comandavano loro: i Giampà. Due omicidi di cui l’ex padrino del clan svela tutti i particolari.
ASCOLTA L’AUDIO/3: «IL GRUPPO DI FUOCO E LE ALLEANZE»
ASCOLTA L’AUDIO/4: «ECCO CHI CONTROLLA ORA LAMEZIA»
Poi ha descritto i ruoli all’interno delle altre cosche parlando dei Cannizzaro e del clan Iannazzo in particolare. Da questo interrogatorio in poi l’ex boss svela tanti retroscena dagli effetti devastanti per il clan che lui aveva diretto e che alla fine confluiscono negli atti dell’operazione “Perseo” che il 26 luglio scorso ha fatto finire in carcere 66 persone fra boss e gregari del clan (molti dei quali già arrestati a giugno 2012 nell’operazione “Medusa”) contribuendo anche a fare luce sui rapporti fra il clan e la zona grigia tant’è che in manette ci sono finiti anche imprenditori, politici, medici, avvocati, un agente di polizia penitenziaria, un assicuratore e un perito coinvolti nelle truffe alle assicurazioni il cui sistema truffaldino era stato ideato e organizzato proprio dal boss pentito.
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