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ROSARNO (RC) – L’obiettivo era certamente di uccidere o quanto meno di fare seriamente male. Chi ha piazzato la bomba a mano esplosa a Rosarno davanti al cancello della casa del fratello del compagno della collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce l’ha fatto con il chiaro obiettivo di lasciare un segno indelebile e solo il caso ha consentito all’uomo di salvare la vita. L’attentato con una bomba a mano è stato compiuto a Rosarno, l’uomo è rimasto ferito ed ora si trova ricoverato nell’ospedale di Gioia Tauro, ma non è in pericolo di vita pur avendo riportato diverse ferite. La bomba a mano era stata posizionata sul cancello dell’azienda agricola di proprietà della vittima. Quando l’uomo ha aperto il cancello, l’ordigno è esploso. Sull’accaduto indagano i carabinieri. 

Secondo le prime ricostruzione il cognato di Giuseppina Pesce stamane si è recato in un fondo agricolo dove lavora, nelle campagne di Rosarno. Quando ha aperto il cancello c’è stata l’esplosione della bomba a mano. L’ordigno era stato collegato con l’apertura del cancello. Alcune persone che si trovavano nella zona hanno soccorso la vittima e l’hanno accompagnata nell’ospedale di Gioia Tauro, dove è stata ricoverata. Dagli accertamenti compiuti è emerso che la bomba era del tipo a granata. Saranno effettuati anche accertamenti scientifici per cercare di individuare gli autori dell’attentato. Giuseppina Pesce, ormai da anni, vive in una località protetta con il suo compagno. Con le dichiarazioni fatte in questi anni la collaboratrice di giustizia ha svelato le attività della cosca Pesce, una tra le più potenti della Piana di Gioia Tauro.

L’attentato è stato compiuto proprio nel giorno in cui a Palmi era in corso l’udienza del processo a 14 presunti affiliati della cosca di ‘ndrangheta dei Pesce di Rosarno. Il dibattimento è scaturito dall’inchiesta ‘Califfo’ della Dda di Catanzaro ed è la prosecuzione del procedimento penale ‘All Inside’ che ha portato a decimare, attraverso le dichiarazioni della pentita, i vertici della cosca. Giuseppina Pesce sarà sentita nelle prossime udienze del processo ‘Califfo’ dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti, che rappresenta l’accusa. Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore, ha iniziato a collaborare con la giustizia dall’ottobre del 2010. Le sue dichiarazioni hanno portato alla luce gli affari illeciti della cosca. La pentita ha rivolto anche accuse nei confronti della madre e della sorella, che sono state arrestate nell’aprile del 2011. Dopo che aveva iniziato a collaborare con la giustizia, gli esponenti della cosca avevano progettato anche di uccidere la pentita. Giuseppina Pesce, dopo le prime dichiarazioni, aveva deciso di sospendere la sua collaborazione perchè temeva che i componenti della sua famiglia potessero vendicarsi nei confronti dei suoi figli. La donna ha poi ripreso la sua collaborazione e le sue dichiarazioni hanno portato alla condanna di numerosi esponenti della cosca. Negli ambienti degli inquirenti non si esclude che l’attentato ai danni del cognato della collaboratrice di giustizia sia finalizzato a fare pressione in vista della deposizione di Giuseppina Pesce nel processo.

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