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CUTRO (KR) – Il suo nome è legato ad una delle cosche più potenti in Calabria. Un elemento di spicco che gli inquirenti descrivono come tra i boss di ‘ndrangheta più sanguinari, a capo di un’organizzazione criminale con ramificazioni nel Nord Italia e all’estero. Per questo, lo scorso mese di settembre, Nicolino Grande Aracri era tornato al 41 bis, il regime carcerario duro destinato ai più pericolosi esponenti della malavita.
Una decisione assunta dal ministro della Giustizia Angela Cancellieri su proposta di Dna e Dia che hanno accolto la ricostruzione del pm Pierpaolo Bruni basata sugli accertamenti svolti dalla Squadra Mobile di Crotone. Alla base di quel provvedimento, c’era un allarmante contesto da guerra di mafia. Un fuoco che si stava alimentando sotto traccia, come d’altronde dimostra anche l’operazione di oggi nel Crotonese, dove “Mano di gomma” è stato arrestato insieme ad altri esponenti delle cosche, a partire da quella di Petilia Policastro.
Dal carcere duro Grande Aracri era uscito, dopo quattro anni, nel settembre 2006, su decisione del Tribunale di sorveglianza di Novara che accolse un ricorso difensivo che si fondava sulla tesi secondo cui non era dimostrato che il detenuto mantenesse rapporti con il clan. Tesi smentita da successivi accertamenti e dalla disamina di una serie di vicende processuali.
VITA TRA AULE DI TRIBUNALE E CARCERE – Nell’ambito del processo Tramontana, infatti, Grande Aracri, il primo febbraio scorso, è stato condannato a 14 anni per associazione mafiosa e estorsione e gli era stata ripristinata la misura cautelare nello stesso giorno in cui, un mese dopo, fu riarrestato. Stavolta per tentata estorsione ai danni dei titolari del villaggio turistico Porto Kaleo. Il boss aveva già scontato la condanna definitiva a 17 anni di reclusione emessa nel processo Scacco Matto perché ritenuto il promotore di un’associazione mafiosa e per il tentato omicidio di Salvatore Arabia (fatto commesso nella pineta tra Cutro e Papanice il 9 agosto 2000; l’uomo fu assassinato tre anni dopo). Nel filone processuale relativo ai fatti di sangue, nel luglio 2012, Grande Aracri fu però assolto dall’accusa di essere il mandante di sette omicidi che insanguinarono il Crotonese tra il ’99 e il 2000. Nell’aprile 2011, scontata la pena Scacco Matto, fu scarcerato tra le polemiche.
La liberazione anticipata fu oggetto di un’interrogazione parlamentare di Angela Napoli. Il giorno dopo la liberazione, in Appello, fu peraltro assolto dall’accusa di essere stato il mandante di una tentata rapina a un portavalori compiuta nel giugno 2000 (decisione successivamente confermata). Doveva espiare la pena residua di 13 anni e 4 mesi in riforma di un’assoluzione, risalente al 26 gennaio ’90 emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro, dall’accusa di rapina commessa nell’83 a Rogliano e per questo la Procura generale ne aveva ordinato l’immediata scarcerazione. Ma sono crollate anche altre accuse.
Nel luglio 2005 la Corte d’appello di Brescia ha, infatti, annullato l’ergastolo già comminato in primo grado, nel marzo 2004, per il duplice omicidio dei cutresi Antonio Muto e Dramore Ruggiero, avvenuto a Cremona nel settembre ’92: Grande Aracri era ritenuto il mandante. Mentre nel maggio 2011 il gup distrettuale lo ha prosciolto dall’accusa di associazione mafiosa ritenendo che non fosse lui al vertice di una “cupola” emigrata nelle province di Piacenza, Cremona e Reggio Emilia. E ancora: nel gennaio 2004 fu prosciolto da accuse di associazione mafiosa e narcotraffico nell’ambito dell’inchiesta Riscacco. Per la tentata rapina al banco Napoli di Crotone del febbraio ’98 il cutrese venne arrestato come mandante e condannato dal Tribunale penale della città pitagorica a quattro anni, pena poi ridotta a un anno e due mesi dalla Corte d’appello di Catanzaro che, nel maggio ’99, contestualmente gli concesse i domiciliari. Ma sono soltanto alcune delle vicende giudiziarie richiamate dagli inquirenti nelle carte che a settembre hanno riportato il super boss di Cutro nel carcere duro.
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