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REGGIO CALABRIA – Il Tribunale della Libertà di Roma ha duramente stigmatizzato lo scambio di mail tra l’avvocato Claudia Conidi e il magistrato Alberto Cisterna nel provvedimento con cui ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del pentito Antonio Di Dieco, uno dei collaboratori (insieme a Luigi Rizza e Massimo Napoletano) che avrebbe – sotto l’input della Conidi – tentato di screditare il pentito Antonino Lo Giudice. I giudici parlano di “fitta corrispondenza” tramite posta elettronica «nonostante il fatto che la professionista in questione fosse impegnata da anni nella difesa di criminali elevatissimo spessore e dunque tale familiarità avrebbe dovuto essere, con ogni evidenza, totalmente esclusa da parte del magistrato in questione, non foss’altro per l’evidente incompatibilità tra le funzioni rispettivamente svolte». La prima delle mail tra quelle depositate alcune settimane fa, è del 31 maggio 2012, allorquando Cisterna scrive all’avvocatessa Conidi: «Gentilissimo avvocato, Roberto Galullo mi ha informato di quanto accaduto con il collaboratore Rizza, trovo il fatto narratomi davvero inquietante. La prego solo di farmi avere (anche solo via fax) ogni documentazione che ritenga utile. Grazie per la sua integerrima professionalità». Appare dunque la figura del giornalista del “Sole24Ore”, Roberto Galullo, da sempre portatore (soprattutto con gli articoli pubblicati sul suo blog) della totale estraneità di Cisterna a ogni addebito mosso negli ultimi anni. Galullo avrebbe dunque informato il magistrato di un fatto non meglio specificato, ma definito “inquietante”. Ma la corrispondenza tra la Conidi e Cisterna diventerebbe più fitta dal novembre 2012 quando l’avvocatessa avrebbe informato il magistrato di essere in possesso di una lettera del 6 gennaio 2012 di una “new entry”, che confermava, insieme a Di Dieco, la teoria del complotto ordito ai danni dell’ex vice di Piero Grasso alla DNA: «Ill.mo Dottore, spinta sempre e solo dalla mia coscienza, La informo che sono in possesso di una lettera da un mio nuovo assistito collaboratore di giustizia oggi recluso a Campobasso unitamente ad altro mio storico cliente a Lei noto, dalla quale evinco come in merito a quelle verità di Lo Giudice Antonino, molte di esse siano state “forzate”».
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