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SONO trascorsi quasi tre anni da quella drammatica alluvione, che il 1 marzo 2011 spazzò via campi e strade, anche importanti come la Ss 407 Basentana, ed il Metapontino sembra essere ripiombato in quell’incubo, con tanto di promesse non mantenute.

E’ il messaggio del “Comitato per la difesa delle terre joniche”, nato sui detriti dell’alluvione 2011 ed oggi nuovamente sul piede di guerra, per i nuovi danni ingenti a strade rurali ed aziende agricole, quando ancora non ci si era completamente ripresi dal colpo di due anni fa. Dei 350 milioni di danni nel 2011, ne sono stati stanziati 15, ma ne sono arrivati solo 4, con l’aggravante di una iniqua distribuzione tra le 200 aziende agricole danneggiate. Oggi il Comitato riprende la protesta da Serramarina, dove almeno 1.500 quintali di uva da vino sono rimasti nei campi incolti ed invendibili. Tanto basta per far fallire un’azienda, che non ha neppure la possibilità di avvicinarsi ai ceppi, perchè la strada è stata cancellata dall’alluvione. Le strade rurali, infatti, rappresentano oggi l’emergenza maggiore per decine di aziende del Metapontino, tra Bernalda e Scanzano Jonico.

Il Centro di educazione ambientale di Bernalda e Metaponto ha predisposto un ricco dossier di foto, che offrono l’immagine più eloquente del dramma in corso nelle campagne di Bernalda.

Le contrade  Chora, Scorzone, Avinella, Fabrizio, Demanio Campagnolo, Spineto, Serramarina, fino al Parco archeologico a 11 giorni dal disastro sono ancora in ginocchio.

«La Chora -si legge in una nota del Cea- è da 3700 anni il pianoro su cui i greci prima, e gli agricoltori metapontini ancora oggi, ottengono i loro pregiati prodotti agricoli. Un fazzoletto di territorio molto  fertile, fatto da terreni rossi, precoci profondi, ideali per le migliori colture orticole ed arboree. Fino agli anni Novanta era un manto unico di vigneti allevati a tendone, senza soluzione di continuità; orgoglio degli agricoltori bernaldesi. Con la crisi della viticoltura (da cui una profonda crisi della agricoltura bernaldese), si è ripartiti, ed è in atto una faticosa riconversione produttiva verso altri fruttiferi e colture ortive di pregio. La faticosa riconversione, purtroppo, non è stata seguita da una razionale gestione delle opere infrastrutturali del territorio. Lungo tutto la chora, quasi con rassegnazione si assiste da diversi anni a situazioni diffuse di degrado e incuria -denunciano dal Cea- cunette lungo le strade rurali  piene di erbacce e rifiuti agricoli di ogni tipo, canali consortili ormai trasformati in canneti e discariche, coltivazioni ed opere  strutturali realizzate lungo vie naturali di sgrondo delle acque meteoriche, infrastrutture bisognevoli di manutenzione, terreni non coltivati pieni di erbacce, ecc.».

La documentazione fotografica è una ferita aperta, qualcosa che non avremmo mai voluto pubblicare, «soprattutto noi di Cea Bernalda e Metaponto che della promozione delle bellezze naturali del nostro territorio e della chora in particolare, dal punto di vista storico e naturalistico, ne abbiamo fatto una mission. Serve per lanciare  un grido d’allarme , chiediamo aiuto, la chora è in ginocchio. Servono investimenti urgenti ed importanti.

Gli agricoltori si sono sentiti quasi messi da parte con il loro dramma,oscurati dai media e dalla rete, per dare spazio all’allarme “Salvate la Magna Grecia”. E’ anche comprensibile, in certi momenti , quando vedi la tua terra ferita in questo modo e le tue produzione svanite nel nulla. La chora con le sue produzioni agricole è stata l’artefice dello sviluppo di Metaponto ai tempi della Magna Grecia, adesso speriamo nel contrario».

Intanto il Comitato terre joniche sarà martedì a Roma per sollecitare l’ordinanza sullo stato di calamità e poi promette battaglia durante le prossime Regionali.

a.corrado@luedi.it

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