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RICORDO bene il momento in cui mi diedero le mie prime chiavi di casa. Avevo atteso per anni quel momento, lottando con i miei genitori: ero certa che fosse la conquista più importante della mia vita. Poi, quella libertà divenne un’abitudine tra tante, come, in fondo, è giusto che sia. E’ importante conquistare cose che diventino poi ovvie e facili da maneggiare, così da poterle usare per conquistarne di nuove.
Questa normale prassi di evoluzione è completamente assente in Basilicata. Siamo costretti a lottare per cose ovvie, altrove riconosciute e tutelate, ritrovandoci sempre allo stesso punto. Siamo un popolo che deve ancora combattere per avere le chiavi di casa. Questo ci mortifica e ci isola al punto che, quando accadono catastrofi come l’alluvione della scorsa settimana, veniamo completamente ignorati dall’informazione nazionale. Quattro morti e nemmeno un trafiletto di cronaca sul Corriere della Sera, che in quei giorni era molto impegnato a struggersi per il turista morto in Norvegia, cadendo da Preikestolen (chissà se i giornali norvegesi parlano mai di italiani che muoiono scivolando dalle scale). L’indifferenza della stampa e il suo schierarsi solo su campi già ben protetti dal populismo e dal manicheismo, tuttavia, è solo una delle due ragioni che hanno spinto me e Francesca Avena, una ghost writer ferrandinese e una giornalista montese, 55 anni in due, a creare “Basilicon Valley” (https://www.basiliconvalley.blogspot.it/), un progetto di informazione e intrattenimento sulla Basilicata; una piattaforma di scambio di testimonianze; un percorso verso la creazione di un hub di competenza e bellezza, che sia fecondo e all’avanguardia come la Silicon Valley americana, a cui ci ispiriamo con ironia e senza spirito emulativo (gli americani sono americani, noi siamo noi). La nostra arma, soprattutto adesso, sono le parole. Badiamo molto al linguaggio, ne curiamo l’impatto e l’attrattività: vogliamo raccontare il nostro angolo di Sud senza scadere nel solito meridionalismo inchinato davanti a Carlo Levi e Benedetto Croce. Non vogliamo fare vittimismo in stile Roberto Saviano.
Lavoriamo su due linee: quella giornalistica, che intende fare ciò che molti giornali hanno smesso di fare (cercare la verità, incuriosirsi, togliere le spine alle rose) e quella letteraria, che vuole fare della Basilicata ciò che Anatole France voleva fare dell’arte: un mezzo per raggiungere la felicità. Siamo una piattaforma virtuale, quindi cerchiamo la collaborazione di tutti. Non siamo uno sfogatoio e abbiamo standard alti: chi vuole darci una mano deve rispettare canoni precisi di attendibilità e chiarezza. Saremo presto capaci di offrire una vetrina per le eccellenze del nostro territorio e le racconteremo a modo nostro.
Vediamo la nostra regione come una grande frisella: per renderla gustosa ci vuole pochissimo. Molto olio (e noi abbiamo il migliore del mondo, altro che quello toscano, ormai buono solo per friggere le Croccole), sale (e di gente che suda ne abbiamo parecchia), acqua (siamo bagnati da due mari), origano. Le friselle scondite sono dure, secche e friabili, sembrano uscite da un romanzo di Charles Dickens: non le vogliamo neppure vedere.
Siamo attive da due giorni, ma abbiamo immediatamente riscontrato un enorme entusiasmo. Abbiamo più “mi piace” noi sulla nostra pagina che Filippo Bubbico sulla sua e questo ci inorgoglisce, facendoci però sentire il peso di una sfida che forse non immaginavamo così urgente.
Chiaramente, abbiamo scritto a molti giornalisti cool e “impegnati”: quelli che ci hanno risposto si contano sulle dita di una mano. Lo diciamo solo per dovere di cronaca, non perché la cosa ci avvilisca: nella maggior parte dei casi si tratta di giornalisti che hanno bisogno di un vocabolario, quindi di paradossi viventi. Anche molti intellettuali impegnati ci hanno snobbate e anche in questo caso non ci siamo strappate i capelli: lo sapevamo già che sono buoni solo a fare proclami antiberlusconiani, a ingozzarsi di crostini e scamorza ai festival. Lo sapevamo che il massimo del loro sforzo è fare la raccolta differenziata e andare a lavoro in bicicletta.
Siamo onorate di poter collaborare con il Quotidiano della Basilicata, perché ci ricorda chi sono i veri giornalisti.
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